“Era il 5 novembre del 2020 e, con grande tripudio da parte della giunta regionale e di molte attività produttive, il Veneto ritornava in zona gialla. Già da subito i sindacati dei pensionati Spi, Fnp, Uilp Veneto avevano espresso forti dubbi sull’opportunità di quella scelta, decretata dal Ministero sulla base dei numeri forniti da palazzo Balbi. Dati che, a sei mesi di distanza da quel giorno, si stanno rivelando non del tutto veritieri. Molte scelte della Regione – secondo una indagine di Spi, Fnp, Uilp Veneto– si sono tradotte in una seconda ondata di gran lunga più drammatica della prima, con un aumento repentino dei decessi che ha colpito con grande forza gli anziani, in particolare quelli delle Rsa.” Così Spi, Fnp, Uilp Veneto tramite una nota unitaria emanata ieri, 2 maggio.

“Boom di decessi. I numeri parlano chiaro. A fine novembre 2020, calcola l’Istat, il Veneto ha contato 5.923 morti, 1.862 in più della media 2015/2019- aggiungono Spi, Fnp, Uilp Veneto -A dicembre, il disastro: 7.632 morti, cioè 3.213 morti in più rispetto ancora alla media 2015/2019, anche se verso Natale è sopraggiunta la zona rossa. A gennaio 2021 altro bollettino nefasto: 6.525 morti, 1.403 in più rispetto alla media 2015/2019, e 1.701 in più rispetto a gennaio 2020 quando – ormai lo sappiamo – il virus aveva già cominciato a circolare. Una ecatombe, considerando pure che i mesi più delicati della pandemia, marzo e aprile 2020, hanno sì registrato un numero di decessi superiori al quinquennio precedente, ma decisamente più contenuti: 985 a marzo, 1.229 ad aprile.

Le conseguenze del “liberi tutti”. Insomma, l’impennata di morti a partire dall’autunno è la diretta conseguenza della zona gialla “libera tutti”. È evidente che qualcosa non ha funzionato prima, e che sono mancati di conseguenza provvedimenti adeguati per fermare i contagi e i decessi. Si è preferito proseguire con la narrazione del Veneto d’eccellenza, modello per tutti.

Guardando ai soli decessi per Covid, pubblicati dall’Istituto superiore della Sanità, il paradigma trova conferma. Fra ottobre 2020 e marzo 2021, i morti a causa del virus in Veneto sono 8.282, l’11,8% del totale italiano, con una classifica che ci vede secondi solo alla Lombardia. In pratica, l’80% dei decessi per Covid nella nostra regione è avvenuto in questo semestre. Per quale motivo? La risposta spetta alla Regione, e i Sindacati dei pensionati la pretendono. Rielaborando i dati dell’Iss Spi, Fnp, Uilp Veneto hanno calcolato che dei 10.841 decessi totali per Covid nel nostro territorio, più dell’80%o riguarda ultrasettantenni. In particolare, il 40% dei morti per Covid ha fra gli 80 e gli 89 anni, il 23,5% fra i 70 e 79, il 19,5, più di 90.

Noi siamo più volte intervenuti durante quest’anno drammatico per sollevare dubbi e porre domande sull’operato della Regione – continuano i Sindacati dei pensionati – lo abbiamo fatto soprattutto sul fronte delle case di riposo. Abbiamo contestato fin da subito l’utilizzo unico dei test rapidi per il personale sanitario e per gli ospiti, senza supporto dei molecolari per i casi dubbi, perché già si sapeva che c’erano margini di errore. Ora vorremmo avere dalla Regione i dati aggiornati sui decessi nelle Rsa, dato che gli ultimi forniti sono del 10 dicembre 2020”. Le segreterie di Spi, Fnp, Uilp Veneto ricordano anche i numerosi interventi sul piano vaccinale del Veneto: “Abbiamo cercato un dialogo costruttivo con l’assessora Lanzarin, ed è grazie alle nostre pressioni che la Regione ha modificato la programmazione che inizialmente non dava priorità ai grandi anziani. Abbiamo anche posto quesiti sul numero effettivo dei posti letto in terapia intensiva e sui ritardi nell’avvio dell’app Immuni». Da qui, l’appello dei sindacati dei pensionati del Veneto per una «operazione verità che illumini le tante zone d’ombra nella gestione pandemica da parte della nostra Regione. Chiediamo risposte chiare visto che stiamo parlando di tante vite umane perse che forse potevano essere salvate”.