Esistono molte forme di violenza maschile contro le donne, ma solamente una per raccontarla: senza nessun ‘perché’, senza alcuna giustificazione.
Non possiamo più accettare la semplicità narrativa e la retorica culturale con le quali si raccontano le storie di violenza, riducendole, il più delle volte, a dei presunti rapporti di causa-effetto che vittimizzano le donne, una volta di più, identificandole come corresponsabili dell’atto violento (“perché lo aveva respinto”, “perché vestiva all’occidentale”) o addirittura deresponsabilizzano il colpevole riconoscendo al gesto violento una attenuante (“perché era geloso”, “per un raptus”).
Questo tipo di narrazione non fa altro che alimentare un retaggio che spinge ad interpretare la violenza come il risultato di comportamenti sbagliati da parte delle donne, confermando pregiudizi e stereotipi di genere.
La violenza non può essere in alcun modo normalizzata, per questo riteniamo sia indispensabile sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di un uso corretto del linguaggio da utilizzare per raccontarla.
Non giustificare la violenza è il primo passo per riconoscerla.
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