Condizione disabilità over65: l’Istituto Superiore di Sanità, con l’ausilio del sistema di sorveglianza Passi d’Argento, ha recentemente diffuso alcuni dati, relativi al biennio 2022-2023, riguardanti la condizione di disabilità delle persone ultrasessantacinquenni in Italia, che vi sintetizziamo di seguito, perché utile materiale di approfondimento, riflessione e diffusione.
Partendo dall’assunto che negli ultra 65enni la perdita di autonomia nello svolgimento anche di una sola delle sei attività fondamentali della vita quotidiana (ADL) è considerato una condizione di disabilità, la ricerca riporta che la stessa condizione coinvolge 14 persone over65 su 100; dopo gli 85 anni, 4 persone su 10 (41%).
La disabilità è mediamente più frequente fra le donne (17%, contro il 10% tra gli uomini), fra le persone socio-economicamente svantaggiate per difficoltà economiche (29% fra chi ha molte difficoltà economiche contro l’8% tra chi non ne riferisce) o per bassa istruzione (25% contro il 7% fra chi ha un livello di istruzione alto).
La quasi totalità delle persone con disabilità (99%) riceve aiuto, ma questo carico di cura e di assistenza è per lo più sostenuto dalle famiglie, molto meno dal servizio pubblico di ASL e Comuni.
Il 95% delle persone con disabilità dichiara di ricevere aiuto dai propri familiari per le attività della vita quotidiana per cui non è autonomo, il 37% di essere aiutato da badanti e il 10% da conoscenti.
L’11% ha ricevuto aiuto a domicilio da operatori socio-sanitari e solo il 2% ha ricevuto assistenza presso un centro diurno. Una piccola quota è sostenuta da associazioni di volontariato (2%).
Una persona su 4 con disabilità riceve un contributo economico per questa condizione (come l’assegno di accompagnamento).
Condizione disabilità over65: l’analisi
Nell’analisi della situazione, emerge un chiaro divario Nord-Sud a svantaggio dei residenti nel Sud Italia (17%, contro il 13% nel Centro e il 10% nel Nord), che potrebbe riflettere una differenza nella distribuzione degli esiti di salute, ma anche una differente offerta e/o ricorso a strutture di ricovero per anziani non pienamente autonomi.
I dati si soffermano anche sulla condizione di fragilità degli ultra 65enni. Passi d’Argento definisce anziano fragile la persona non disabile, ossia autonoma in tutte le ADL, ma non autonoma nello svolgimento di due o più funzioni complesse, IADL (come preparare i pasti, effettuare lavori domestici, assumere farmaci, andare in giro, gestirsi economicamente, utilizzare un telefono).
La fragilità riguarda il 9% dei 65-74enni e raggiunge il 33% fra gli ultra 85enni; è anch’essa associata allo svantaggio socio-economico, sale al 25% fra le persone con molte difficoltà economiche (contro il 14% tra chi non ne riferisce) e al 26% fra le persone con bassa istruzione (contro 12% fra chi ha un livello di istruzione alto).
La quasi totalità delle persone con fragilità (98%) riceve aiuto per svolgere le funzioni delle attività della vita quotidiana per cui non è autonomo (IADL). Tuttavia, questo aiuto è sostenuto per lo più dalle famiglie, dai familiari direttamente (95%) e/o da badanti (21%), ma anche da conoscenti (14%); meno del 3% riferisce di ricevere aiuto a domicilio da operatori socio-sanitari delle ASL o dei Comuni, ancora meno (meno di 5 persone su 1000) ricevono assistenza da un Centro diurno. Una piccola quota è sostenuta da associazioni di volontariato (1%).
Anche in questo caso, esiste un gradiente Nord-Sud della fragilità a sfavore delle Regioni meridionali (21% vs 16% nel Centro e 12% nel Nord).
Lo studio integrale si trova QUI