Una politica nazionale per la salute e il ben-essere delle anziane e degli anziani, il documento unitario di Spi, Fnp e Uilp inviato ai ministri.

Una premessa 

Gli anziani e le anziane (over 65) raggiungono la cifra di 12 milioni, pari al 20% della popolazione italiana e, come del resto in Europa, costituiscono una questione di rilievo nazionale e non solo una somma di problemi di una pur importante categoria, che richiede risposte complessive e insieme specifiche.

L’invecchiamento della popolazione, infatti, mette in evidenza come uno sviluppo sostenibile non può che poggiare su una forte coesione sociale, come enunciato dall’OMS, cioè sulla “capacità di garantire condizioni di benessere umano e accesso alle opportunità (sicurezza, salute, istruzione, ma anche divertimento, serenità, socialità) distribuite in modo equo tra strati sociali, età e generi, e in particolare tra le comunità attuali e quelle future” ed è incompatibile sia con la povertà e il declino economico, sia con la violazione della libertà e della dignità umana che con il degrado delle risorse umane e naturali.

In sostanza, affrontare la questione dell’invecchiamento richiede di prendere in considerazione la complessità dei problemi collegati allo sviluppo sostenibile, per cui una politica per le anziane e gli anziani, oggi, ha bisogno di scelte e di una programmazione non settoriale e burocratica, ma centrata sulla massima osmosi e integrazione tra i vari comparti della Pubblica amministrazione, tale da inquadrare le politiche rivolte alle anziane e agli anziani nel più generale perseguimento di politiche integrate e coordinate volte al pieno benessere della popolazione anziana.

E quindi le politiche sociali e sanitarie rivolte alle anziane e agli anziani devono essere collegate al sistema economico e produttivo non solo nazionale, ma globale del pianeta.
Pertanto, la “questione anziana” si pone a tutti i livelli istituzionali nei quali si articola lo Stato, anche in relazione a quanto indicato nella riforma del titolo V della Costituzione.

Occorre quindi evitare di ridurre il problema delle anziane e degli anziani alle sole tematiche, pure fondamentali, della sanità e dell’assistenza, ma collegarlo alle tematiche proprie dell’evoluzione della società e riconoscere ed affermare l’esistenza di una specificità della questione anziana che esige conoscenze, attenzioni, programmi, priorità e decisioni appropriate a tutti i livelli e in tutti i settori nei quali si articola la società.

È noto che si invecchia soprattutto al femminile e questo richiede conoscenze, culture e interventi appropriati, così come è risaputo che il lavoro usurante, la povertà e l’emarginazione portano donne e uomini ad una vecchiaia che moltiplica i problemi, le lacerazioni e le sofferenze.

Le donne anziane sono più numerose degli uomini in proporzione al crescere dell’età.

La situazione delle donne anziane in ogni caso deve essere una priorità di ogni piano di azione. Riconoscere il diverso impatto dell’invecchiamento sulle donne e sugli uomini è esenziale per assicurare una piena uguaglianza fra gli uomini e le donne e lo sviluppo di efficaci ed efficienti misure per raggiungere gli obiettivi (Piano di azione, I,8 – Conferenza sull’invecchiamento dell’ONU, Madrid, 2002).

Pertanto le OO.SS. dei pensionati chiedono che nella predisposizione delle politiche socio-sanitarie sia sempre presente la condizione di genere, per quanto riguarda i programmi e le legislazioni, la ricerca scientifica e i servizi.

Valorizzare la risorsa anziani

Le anziane/i sono prima di tutto una risorsa culturale, sociale e democratica. Molte esperienze regionali e locali hanno visto un loro impegno considerevole in tutti i campi della vita sociale, civile e culturale.
È quindi opportuno provvedere a dare una cornice nazionale e uno sviluppo a questo diffuso e diversificato impegno delle Istituzioni locali e degli anziani/e con il rilancio di un progetto di legge quadro sull’ impegno degli anziani nella società e nelle istituzioni”, così come già in effetti portato avanti da alcune Regioni e da Enti locali. E’ proprio la preziosa esperienza sviluppata in tutti questi anni dagli stessi anziani che pone la necessità di pervenire alla formulazione di un progetto di legge da discutere ed approfondire nel suoi termini generali con le Organizzazioni sindacali dei pensionati.

Un punto di partenza e il ruolo del Sindacato

L’Italia a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, si è data una normativa nazionale che affronta in modo innovativo la questione del welfare entro cui si colloca la questione nazionale degli anziani.
Si tratta, in particolare, del decreto legislativo n. 229/99, che ha ridefinito il sistema sanitario nazionale e regionale, e della legge n. 328/2000 che ha definito il sistema integrato dei servizi ed interventi sociali nel Paese.

Due leggi-quadro in sei anni largamente disattese, e ora da applicare integralmente. La legge n 328/00, è stata approvata con l’apporto determinante delle Organizzazioni sindacali dei pensionati.
L’assoluta indifferenza del precedente Governo ad attuare compiutamente quanto disposto dalle leggi suddette, ha provocato gravissimi danni per la popolazione anziana.
I Sindacati confederali dei pensionati hanno raccolto nel 2005 oltre 600 mila firme per una proposta di legge di iniziativa popolare per la non autosufficienza depositata successivamente al Parlamento.
Questione nazionale e piattaforma nazionale, dunque, sono due aspetti tra loro corrispondenti e interdipendenti.

I Sindacati confederali dei pensionati, unitamente alle loro Confederazioni, sono quindi impegnati a realizzare quanto già conquistato e disposto dalle leggi quadro, naturalmente con i necessari adeguamenti applicativi avendo riguardo dei mutamenti avvenuti nella condizione sociale del Paese.

Applicazione del d.lgs. n. 229/’99 e della legge quadro n. 328/2000

L’iniziativa dei Sindacati dei pensionati per i diritti delle persone anziane esige che il Governo, le Regioni e gli Enti locali si impegnino ad applicare, ciascuno per la parte di propria competenza e responsabilità, le due leggi quadro con un confronto sistematico con le Organizzazioni sindacali, instaurando un metodo di concertazione permanente.

I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sociali

I Lea in Sanità

Il Dpcm del 29 novembre 2001 ha determinato i livelli essenziali di assistenza sanitaria.
La Finanziaria 2007 prevede una revisione straordinaria dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria.

Il Sindacato richiede che, a norma dell’articolo 1 del Decreto legislativo n. 229/’99, la definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria sia realizzata previa consultazione delle Organizzazioni sindacali confederali e dei pensionati, che sin d’ora, avanzano la richiesta di una definizione adeguata sia delle prestazioni preventive, sia dell’assistenza odontoiatrica comprendente le protesi fisse, sia infine della questione della riabilitazione interna ed esterna agli ospedali.

Per tutti i livelli essenziali si pone il problema della loro effettiva esigibilità in tutto il territorio nazionale. Questo pone la questione del superamento delle lunghe liste d’attesa e degli squilibri settoriali e territoriali, che può avvenire solo con una programmazione mirata nazionale, regionale e aziendale.

Il Piano sanitario nazionale e i problemi della cura degli anziani

La Finanziaria 2007 prevede una modifica del Piano sanitario nazionale 2006-2008 per armonizzare i contenuti e gli impegni delle Istituzioni, Governo e Regioni, al finanziamento complessivo del SSN per il triennio 2007-2009 e agli obiettivi del Patto per la salute stipulato tra il Ministero della salute e le Regioni italiane.

La revisione del Piano sanitario nazionale è opportuna e necessaria, anche per determinare le condizioni di esigibilità dei Livelli essenziali, dal momento che non è risultata sufficiente la loro definizione legislativa.
Le Organizzazioni sindacali dei pensionati chiedono che l’aggiornamento del Piano sanitario nazionale sia realizzato tramite la concertazione.

Allo scopo di dare omogeneità e certezza ai livelli essenziali delle prestazioni che interessano la popolazione anziana, propongono che il Piano contenga alcuni Piani mirati riguardanti le seguenti priorità.

1. La prevenzione delle più importanti patologie che si registrano nell’età anziana, facendo riferimento sia al “Piano nazionale di prevenzione attiva” già concordato con le Regioni italiane, sia alle linee di intervento indicate dall’OMS nel rapporto 2002 sulla salute nel mondo con particolare riferimento alla prevenzione.

Nella particolarità della popolazione anziana, le prospettive delle condizioni di salute, sono decisamente preoccupanti, se non si interviene fin d’ora con azioni adeguate di prevenzione sociale e sanitaria.
Il quadro nosologico del Paese vede in primo piano fra le cause di morte le malattie dell’apparato cardiocircolatorio, dei tumori, delle malattie del ricambio, e dal quadro epidemiologico, si rilevano malattie che colpiscono particolarmente le persone anziane.

Inoltre, occorre affrontare adeguatamente la condizione della persona anziana con patologia cronica, con interventi volti alla prevenzione delle stesse cronicità: secondo l’OMS (Rapporto dell’ottobre 2005) la prevenzione delle malattie croniche, si affronta con adeguati stili di vita e con la garanzia della continuità assistenziale nell’ambito di percorsi riabilitativi personalizzati, capisaldi fondamentali per contrastare la cronicità.

Il perseguimento della pratica di stili di vita assume quindi valore strategico fondamentale, come anche sottolineato dall’OMS sia nel citato rapporto 2002 sulla salute nel mondo, sia in sede di Conferenza Ministeriale della Regione Europea dell’OMS sull’azione di contrasto all’Obesità (Istanbul, 15-17 novembre 2006).

Particolare attenzione, per le conseguenze che ha sulla salute delle donne anziane, è la predisposizione di programmi adeguati di prevenzione delle patologie femminili, fra le quali la densitometria ossea.

2. L’assistenza odontoiatrica e la fornitura di protesi fisse, tenendo conto della necessità di colmare vuoti abissali in tutto il territorio nazionale e dell’importanza che assume una buona masticazione per la salute degli anziani.
3. La riabilitazione, sia in ospedale che nel territorio, come a domicilio, tenuto conto della crescente diffusione di malattie ad andamento cronico degenerativo che necessitano di prestazioni integrate e continuative.

Il tema della riabilitazione è particolarmente grave e urgente da affrontare, perché, oltre a rappresentare una soluzione efficace al superamento di stati di invalidità e di minorazione, rappresenta uno dei mezzi più concreti per limitare lo spreco e la crescita di spese indebitamente orientate verso l’istituzionalizzazione e l’ospedalizzazione.

I Piani mirati proposti devono contenere obiettivi chiari, tipologie e standard di servizi e risorse finanziarie e professionali in grado di assicurare la piena esigibilità dei livelli essenziali delle prestazioni preventive, curative e riabilitative.

Il Piano sanitario nazionale e i problemi della cura degli anziani

L’aggiornamento del Piano sanitario nazionale, che costituisce lo strumento fondamentale per una efficace e sistematica collaborazione tra il Ministero della salute, le Regioni e le Aziende Unità sanitarie locali e le Aziende Ospedaliere, deve essere l’occasione per qualificare in tutto il Paese le prestazioni curative rese nella rete territoriale come in ospedale attraverso una reale integrazione dei servizi e dei presidi del Servizio sanitario nazionale.

A tale riguardo è altresì necessario riaffermare la “filosofia” del “Progetto obiettivo anziani” (1992), che ha individuato nella geriatria e nella “cultura geriatrica” il riferimento fondamentale per garantire alle anziane/i lo svolgimento di interventi e servizi nella specificità della loro condizione.

Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria agli anziani gli aspetti fondamentali da tenere presenti sono i seguenti.

Le Cure primarie, e il ruolo del MMG e degli specialisti

L’Accordo nazionale dei MMG e SSN, mette in evidenza il ruolo strategico e determinante degli stessi nell’attività di promozione e di tutela della salute dei cittadini.

Questo ruolo centrale del Medico di famiglia può essere ulteriormente sviluppato a livello di ogni singola Regione tramite Accordi che stabiliscano e determinino le condizioni strutturali e organizzative necessarie per realizzare la medicina di gruppo, per superare la separazione storica degli studi medici rispetto agli altri operatori del Servizio sanitario, rispetto ai Servizi di diagnostica dell’ospedale.

Si ritiene quindi che nuovi modelli organizzativi siano indispensabili per elevare la competenza del Medico di Medicina generale, la qualità delle Cure primarie e la responsabilità degli operatori attraverso il governo clinico che vale sia per l’ospedale che per il territorio.

Entro questo quadro di nuova organizzazione della sanità territoriale, che prevede la programmazione sociosanitaria di distretto e una rete capillare di servizi sociosanitari, deve collocarsi la generalizzazione delle Unità territoriali di assistenza primaria (Utap) e possono trovare collocazione specifici programmi di assistenza alle anziane/i.

L’assistenza domiciliare

Per garantire le cure e la loro continuità e per decongestionare gli ospedali da ricoveri impropri devono essere realizzate le reti di servizi per l’attuazione e la diffusione

della Assistenza domiciliare integrata in modo da soddisfare le domande presenti provenienti dalle persone e dalle famiglie e per ricondurla alla media europea.

È noto, infatti, che l’Italia è all’ultimo posto nella assistenza domiciliare fra i paesi europei.

Le dimissioni protette

Lo sviluppo dell’assistenza domiciliare consente di programmare una strategia operativa per le dimissioni protette, che rappresentano il modo più efficace per rendere l’assistenza sanitaria e sociale idonea a evitare reiterati ricoveri ospedalieri e ad umanizzare l’intervento con adeguata azione collaborativa del MMG, che ha in carico l’assistito.

Si propone che la continuità assistenziale per quanto riguarda gli anziani in fase di dimissione ospedaliera venga inserita nei LEA.

L’ospedale di comunità

L’ospedale di comunità, ove già attivato, può svolgere un ruolo di accoglienza e di mantenimento temporaneo di anziani che in tale ambiente potranno essere adeguatamente seguiti.

Cure palliative

Pur previsto dalla legge n. 39/99, l’intervento assistenziale nella fase terminale, con l’istituzione di una adeguata rete di interventi, fra i quali l’Hospice, non ha trovato una sistematica ed efficace applicazione. È quindi assolutamente necessario ridefinire gli impegni in tale direzione, verificando sia lo stato di attuazione a livello regionale, sia i relativi finanziamenti.

L’OSPEDALE

L’ospedale rappresenta il livello specialistico del sistema delle cure in fase di acuzie e richiede una sempre maggiore attenzione per assicurare la qualità della vita con particolare riguardo alle persone anziane e fragili.
Nell’ambito delle cure ospedaliere, il problema della loro adeguatezza, della umanizzazione e della appropriatezza interessa particolarmente la popolazione anziana, i Sindacati dei pensionati propongono l’introduzione nel sistema ospedaliero di una Carta del diritto alla buona cura dell’anziano attraverso l’approccio geriatrico e con l’individuazione di un tutor in ogni ospedale, una Carta che impegni amministratori, dirigenti ed operatori e che dia spazio d’iniziativa e di tutela alle Organizzazioni sindacali, ai volontari e ai familiari.

A tale riguardo si avanzano le seguenti proposte:

  • l’anziano fragile ricoverato in un reparto ospedaliero, spesso affetto da pluripatologie, ha sovente bisogno di interventi specialistici che, seppur richiesti all’interno dell’ospedale, non sempre sono tempestivi e soprattutto richiedono conoscenze geriatriche specifiche. Pertanto si ritiene necessaria la presenza di un professionista dedicato in grado di dare consulenze nei confronti di anziani ricoverati.
  • Occorre altresì contrastare tutti i rischi e i pericoli di complicanze da infezioni, nonché di riduzione o di aggravamento delle condizioni di non autonomia a cui vanno incontro gli anziani, causati da prestazioni assistenziali improprie ed inadeguate, ed a precoci dimissioni non seguite da un piano di continuità assistenzialeLe RSAGli indirizzi relativi alla loro istituzione (in particolare per quanto riguarda il numero dei residenti, l’ubicazione e le funzioni di socializzazione) non sono stati rispettati : le RSA sono per lo più case di cura convenzionate, i posti letto superano anche il numero di 100, la socializzazione non avviene per difficoltà legate alla scarsità di personale e spesso per la distanza della struttura dall’ambiente di vita e di famiglia. Occorre dunque indirizzare le Regioni al completamento della loro realizzazione e al rispetto delle norme, fino a prefigurarle quali Comunità di tipo familiare per interrompere il sistema attuale che tende alla marginalizzazione delle persone ricoverate senza che, in molti casi , nessuno ne risponda.Anche la parte alberghiera delle rette deve essere rivista sia perché ormai ha raggiunto livelli insostenibili per gli anziani e per le famiglie, sia perché deve essere rivalutato il finanziamento di parte sanitaria attualmente sottodimensionato.

    L’integrazione sociosanitaria

    I Sindacati dei pensionati chiedono che sia rivisto e modificato il DPCM 14 maggio 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione sociosanitaria” per portare al 70% l’onere a carico del Servizio sanitario nelle “forme di lungoassistenza residenziali e semiresidenziali” rivolte ad anziane/i e persone non autosufficienti con patologie cronico degenerative.

    Costituiti in ogni Zona-distretto i pilastri sanitari e sociali, è necessario rendere vincolante e obbligatorio l’Accordo di programma tra i Comuni singoli e/o associati e le Aziende sanitarie locali per l’integrazione dei servizi e di presidi sociosanitari che devono operare nell’unità di tempo e di spazio.

In questa direzione si muove la Convenzione nazionale della Medicina generale che prevede la costituzione di équipes territoriali dei medici di famiglia per la medicina di gruppo, la proposta presente nel Piano sanitario nazionale di realizzare le Unità di Cure primarie e l’impegno presente nella Finanziaria 2007 per la sperimentazione della Casa della salute, come sede pubblica per la ricomposizione dei servizi e per l’integrazione sociosanitaria.

A tale riguardo si rileva la necessità di istituire un tavolo di concertazione in sede di Conferenza Unificata in cui siano presenti il Governo, le Regioni e le Autonomie locali, coinvolgendo le Organizzazioni sindacali

 

I LEA NEL SOCIALE

I Sindacati dei pensionati chiedono al Governo e al Parlamento di determinare i livelli essenziali di assistenza sociale in base all’articolo 117 della Costituzione e all’articolo 22 della legge n. 328/2000.

La Finanziaria 2007 non contiene impegni a questo proposito come, per altro, per l’applicazione della legge n. 328/2000 riguardo agli adempimenti richiesti al Governo nazionale e al Parlamento. Si tratta, quanto meno, dell’applicazione dell’articolo 12 “Figure professionali sociali”, dell’articolo 18 “Piano nazionale e Piani regionali degli interventi e dei servizi sociali”, dell’articolo 24 “Delega al Governo degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo”

Il Piano sociale nazionale

In particolare, i Sindacati dei pensionati chiedono un impegno immediato al Ministero della Solidarietà sociale per la elaborazione e l’approvazione, previa concertazione con le parti sociali, del Piano sociale nazionale, scaduto nel 2003
La domiciliarità deve essere la priorità assoluta.

Il Piano sociale nazionale deve essere impegnato a realizzare in ogni Zona sociale e con priorità assoluta, come indicato in precedenza, la rete dei servizi previsti dal comma 4 dell’articolo 22 della legge n. 328/2000, con standard di presidi e di servizi e con parametri di personale.

Riqualificazione dell’offerta residenziale

• Per le forme residenziali di assistenza, da utilizzare quando la famiglia non c’è o quando essa non è in grado di svolgere le funzioni di cura e di assistenza, i Sindacati dei pensionati chiedono che nel Piano sociale nazionale e nei Piani regionali e distrettuali-zonali sia data priorità alla realizzazione di Case famiglia, Gruppi appartamento, comunità alloggio e di strutture comunitarie di tipo familiare.

• Poiché la realtà delle istituzioni residenziali è ancora molto distante dagli standard proposti, i Sindacati dei pensionati chiedono al Governo che si predisponga, d’intesa con le Regioni un Piano nazionale di riordino delle suddette strutture con adeguati finanziamenti.

• La condizione degli anziani ricoverati nelle case di riposo richiede interventi continui per migliorare la qualità della vita all’interno della struttura. È necessario quindi dare piena attuazione al decreto 308/01 sulle strutture residenziali che prevede l’adeguamento strutturale e funzionale delle case di riposo alle .esigenze degli utenti, stimolando da una parte la riqualificazione delle case stesse, e dall’altra il riferimento a precisi standard funzionali predisposti dalla Regione.

• Deve essere portata avanti l’attività di autorizzazione e di accreditamento e l’adozione di specifici strumenti legislativi per lottare contro l’abusivismo e l’offerta “sommersa” di strutture rivolte agli anziani.

• Particolare evidenza deve essere data alla necessità di garantire la partecipazione degli utenti, dei loro familiari, alla conduzione della struttura , in modo da favorire al massimo un rapporto personalizzato e diretto con gli ospiti.

• Gli enti locali dovranno vigilare affinché sul territorio l’offerta di posti in case di riposo avvenga nel pieno rispetto della legalità ed attraverso le previste procedure per l’autorizzazione e l’accreditamento. La medesima attenzione va posta per l’apertura e l’attività delle residenze sanitarie assistenziali. Per quanto concerne le procedure per l’ammissione e i conseguenti tempi di attesa, gli Enti locali dovranno garantirne la trasparenza nella graduatoria degli accessi.

• Particolare rilievo inoltre deve essere dato al ruolo degli organismi di tutela dei diritti, anche tramite le organizzazioni sindacali dei pensionati, al fine di contribuire, per le parti di loro competenza, alla umanizzazione del servizio, alla verifica e al controllo delle attività.

Obiettivo qualificante complessivo è quello di avviare una politica di riqualificazione, di umanizzazione e di democratizzazione delle strutture residenziali in modo da renderle aperte e rispondenti alle esigenze degli utenti.

La compartecipazione dei cittadini alle spese sanitarie e sociali

I Sindacati dei pensionati esprimono totale dissenso per i ticket sanitari sulle prestazioni di pronto soccorso, sulle visite specialistiche e sulle prestazioni di diagnostica strumentale.

La decisione di mantenere ed estendere i ticket nella sanità è in aperta contraddizione con il principio dell’equità e della solidarietà e non risolve, come l’esperienza ha dimostrato, né il controllo dell’abusivismo né il contenimento del consumismo, ma semplicemente addossa ai cittadini malati il carico delle prescrizioni non appropriate e incongrue. Ancor più seria è la situazione dei cittadini a fronte delle prestazioni sociali.

I cittadini sono sottoposti al pagamento delle prestazioni sociali in forme disuguali da Regione a Regione, da Comune a Comune.

Le disuguaglianze riguardano sia le tariffe per le prestazioni che le quote di compartecipazione richieste.

È indispensabile mettere mano a questa vera e propria giungla che non trova spiegazione alcuna se non nell’anarchia dei modelli strutturali e nell’assenza di regole comuni

I Sindacati dei pensionati chiedono al Ministero delle politiche sociali di aprire un Tavolo di confronto e di concertazione per giungere a proposte omogenee per le tariffe riguardanti tutte le prestazioni sociali e a criteri uniformi per l’applicazione dell’Indicatore della Situazione economica equivalente (ISEE).

Nel contesto della partecipazione dei cittadini alla spesa sociale e sanitaria, non si può non considerare la complessa problematica della fiscalità regionale e locale, per la ricaduta che ha sugli anziani, e quindi la necessità di perseguire politiche dei redditi volti alla equità e al riequilibrio.

Fondo per le non autosufficienze

I Sindacati chiedono al Parlamento e al Governo di discutere ed approvare la proposta di legge di iniziativa popolare per la non autosufficienza che prevede la determinazione dei livelli essenziali, la istituzione di un Fondo nazionale alimentato dalla fiscalità generale e la predisposizione di un Piano nazionale discusso e approvato in Conferenza Unificata, previo confronto con il Sindacato.

La Finanziaria 2007 nelle more della definizione di livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale, istituisce il “Fondo per le non autosufficienze” al quale è assegnata la somma di 100 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Tale dotazione finanziaria, definita con cifre irrisorie, deve essere accresciuta. Alle risorse del Fondo dovranno aggiungersi quote riservate del Fondo sociale nazionale, così come stabilito dallo stesso articolo 15 e quote delle Regioni e degli Enti locali. La istituzione del Fondo nel capitolo della spesa sociale richiede che la sanità destini proprie risorse alla realizzazione del pilastro sanitario territoriale per la non autosufficienza in base all’articolo 3-octies della legge n. 229/’99, in modo che esso possa integrarsi con il pilastro sociale così da dar vita in tutti i distretti sociosanitari all’Assistenza domiciliare integrata (Adi).

Poiché si è determinata una condizione di bisogno diffuso tra la popolazione anziana, soprattutto quella in età più avanzata, che richiede interventi di sostegno e di accudimento da parte di persone dedicate alla cura, è necessario preparare le stesse a sostenere situazioni di non facile gestione, e quindi è necessario istituire sul territorio corsi di qualificazione per assistenti familiari, in accordo con le Regioni e gli Enti locali. La preparazione del personale addetto alla cura deve rivestire carattere di universalità sul territorio nazionale.

Migliorare la qualità della vita degli anziani

La tutela della Qualità della vita passa anche attraverso la disponibilità di un reddito adeguato alle esigenze indispensabili, fortemente minacciato dall’aumento della fiscalità locale, con inasprimento delle tariffe e delle addizionali fiscali.

Pertanto va assunta in via prioritaria la tutela dei redditi a partire da quelli più bassi. Nel contesto di un programma articolato volto a promuovere e sviluppare politiche di benessere nei confronti della popolazione anziana, al fine di una complessiva politica nazionale per la salute e il benessere degli anziani non si può inoltre prescindere da aspetti di fondamentale rilievo che riguardano la qualità della vita delle persone anziane che di seguito si enunciano.

Diritto a una abitazione adeguata

Per le persone anziane spesso la casa non rappresenta solo un alloggio funzionale alle proprie esigenze di vita ma anche un luogo denso di memorie, collocato in un ambiente nel quale si sono consolidate relazioni umane essenziali per la propria sicurezza.

Per queste ragioni è necessaria, nell’ambito di un piano nazionale per la casa (in discussione in Parlamento) una tutela specifica dagli sfratti, ripristino del sostegno al costo degli affitti, nonché un sostegno agli adeguamenti necessari dal degrado e dalle esigenze della sicurezza, lo sviluppo di servizi e prestazioni che rendano possibile la permanenza nel proprio alloggio nonostante il progressivo peggioramento dell’autonomia personale.

La frantumazione dei nuclei familiari rende inoltre problematica la relazione con i congiunti e, quando necessario, il rapporto tra generazioni. Il Piano sociale nazionale dovrebbe dunque sollecitare la sperimentazione di normative volte al riavvicinamento dei nuclei familiari e delle generazioni.

Diritto al sapere

Le veloci e profonde trasformazioni tecnologiche e culturali che caratterizzano l’attuale società rischiano di produrre una progressiva emarginazione della popolazione anziana, per altro in larga misura caratterizzata da una scolarità assai bassa. I dati sull’analfabetismo di ritorno e le difficoltà delle persone anziane a gestire nuove tecnologie della comunicazione (internet, risponditori telefonici automatici, ecc.) testimoniano una situazione sempre più allarmante.

Per contrastare questo rischio sarebbe utile una legge quadro nazionale che affermi in tutto il Paese, coordinando le competenze regionali e locali, il diritto alla educazione ed alla formazione permanente.

Il sistema formativo, avvalendosi oltre che dell’apporto delle Istituzioni scolastiche anche di un diffuso associazionismo culturale e delle Università popolari (variamente denominate) dovrebbe essere orientato non solo alla salvaguardia delle competenze necessarie all’inserimento lavorativo, ma anche alla diffusione delle competenze necessarie per l’inclusione sociale, per la cittadinanza attiva e per il benessere delle persone. E’ infatti noto come molte patologie croniche, caratteristiche delle età più avanzate, trovano particolare giovamento da stili di vita, comportamenti e pratiche che solo una adeguata cultura personale può favorire.

Il principale problema di un efficace sistema di educazione permanente degli adulti consisterà nella sua capacità di coinvolgere le persone con bassa scolarizzazione e bisognose di apprendere.

Per realizzare questo obiettivo sarà importante integrare le politiche formative con le politiche per la salute e per l’integrazione sociale, con particolare riferimento alle aree rurali, adottando specifiche ed appropriate metodologie didattiche.

Diritto alla mobilità

La popolazione più anziana rischia di essere progressivamente impedita nei propri spostamenti, con danni gravi sia per le relazioni sociali che per l’accesso a servizi essenziali per la propria sopravvivenza.

È indispensabile lo sviluppo di percorsi protetti per pedoni e biciclette e di sistemi di trasporto pubblico più accessibili nei costi (oggi spesso eccessivi per i redditi da pensione) ed il superamento delle barriere architettoniche e di accesso a bus e treni.

Diritto alla sicurezza e alla socialità

Il diffuso senso di insicurezza suggerisce a tante persone anziane di chiudersi nella propria abitazione. Così aumentano i rischi derivanti dalla solitudine, dalla perdita di relazioni umane, dall’impoverimento culturale e dalla dipendenza.

Per contrastare l’insicurezza é necessario che l’efficace azione di contrasto della criminalità sia accompagnata dalla ricostruzione di relazioni umane, dallo svolgimento di attività culturali e sociali, nonché dalla presenza di organizzazioni di supporto alle esigenze delle persone.

Il senso di insicurezza è poi alimentato da alcune vulnerabilità specifiche della popolazione anziana: le truffe a domicilio (in aumento), i rischi presenti nelle abitazioni (che generano una gran quantità di infortuni), le difficoltà a muoversi con sicurezza nell’ambiente urbano. Rischi da contrastare con politiche specifiche di informazione, tutela e contrattazione sociale nel territorio.