Ringraziamo la Senatrice Paola Boldrini, tutte le Deputate e i Deputati, le Senatrici e i Senatori per aver costituito l’intergruppo parlamentare sulla cronicità e per avere organizzato l’audizione di oggi con i sindacati dei pensionati.

Siamo convinti che il tema delle cronicità debba essere messo al centro dell’azione del nostro sistema sociosanitario.  Sistema sanitario e sociale, appunto, come avremo modo di esplicitare in seguito.

Diciamo questo in quanto la cronicità è un’area in graduale crescita che colpisce soprattutto la popolazione anziana e comporterà un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali e necessitando di servizi residenziali e territoriali finora non sufficientemente disegnati e sviluppati nel nostro Paese.

Si stima che entro il 2060 il numero di cittadini europei con età superiore a 65 anni aumenterà da 88 a 152 milioni, raggiungendo una popolazione anziana doppia di rispetto a quella dei minori di 15 anni.

Le malattie croniche, come lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, i disturbi del sonno, il diabete, l’obesità, la depressione, la demenza, l’ipertensione, colpiscono l’80% delle persone over 65 anni e spesso si verificano contemporaneamente.

La co-morbosità è associata anche ad un declino di molti aspetti della salute, come la qualità della vita, la mobilità, la capacità funzionale, con un conseguente aumento di stress psicologico, ospedalizzazioni, uso delle risorse sanitarie e mortalità.

Il 14 luglio scorso è stato pubblicato dall’ISTAT il Report sulle condizioni di salute della popolazione anziana in Italia.

Nel 2019 più di un anziano su due, circa 7 milioni di persone, presenta multi morbilità, riferendo almeno tre patologie croniche.

Tra gli over 85 anni la quota raggiunge i due terzi, con una percentuale più elevata tra le donne.

Dal report si evince che gli indicatori di salute riferiti alla multi morbilità e alla cronicità grave, confermano i divari del Sud rispetto al Nord.

Come è scritto nella sua premessa il Piano Nazionale della Cronicità nasce dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo proponendo un documento, condiviso con le Regioni che, compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, individui un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza.

In tale direzione dobbiamo contrastare con forza il concetto “compatibilmente con la disponibilità delle risorse”, perché noi siamo convinti che sulle cronicità occorra invece investire per prevenire.

Ma che punto siamo? A distanza di quasi 5 anni dall’Intesa Stato Regioni sul Piano nazionale delle cronicità di settembre 2016, le azioni previste dal Piano si sono sviluppate a rilento e a macchia di leopardo tra le varie Regioni.

È vero che tutte le Regioni, lo hanno recepito ma con tempi e modalità differenti.

Ma una cosa è certa: a nostro avviso si è ancora lontani dall’obiettivo di una presa in carico efficace dei pazienti cronici fondata su una forte integrazione tra l’assistenza primaria e le cure specialistiche, sull’assistenza a domicilio, sull’utilizzo a regime degli strumenti tecnologici come la telemedicina.

La pandemia, inoltre, ha impattato sull’erogazione delle prestazioni ordinarie, a partire dalle persone con cronicità, mettendo in evidenza tutta la fragilità del sistema di presa in carico territoriale e ospedaliera.

Per questo, come detto in premessa, apprezziamo molto la costituzione dell’intergruppo parlamentare sulla cronicità, perché riteniamo che a livello politico vi sia bisogno di avviare un “osservatorio” per capire cosa fare e per rimettere al centro l’attenzione sulle cronicità quale sfida per il diritto alla salute e per aggiornare e integrare la strategia del Piano che rappresenta una vera e propria priorità.

In tale direzione crediamo che sia necessario il un confronto permanente e la condivisione tra tutti gli attori sociali, oltre alla valorizzazione del ruolo dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) e gli apporti delle Regioni.

Purtroppo, a volte, i ritardi e l’attuazione di interventi nella programmazione regionale sanitaria, continuano a rappresentare una delle principali criticità del sistema sanitario nazionale.

Riteniamo opportuno puntualizzare, in questa occasione, alcuni importanti concetti che vanno sviluppati e che per brevità di tempo riassumiamo per titoli:

  • garantire su tutto il territorio nazionale i Livelli Essenziali di Assistenza in modo tale da assicurare servizi omogenei a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese, nelle grandi città, nei piccoli centri, nelle aree interne più disagiate;
  • prevedere che l’attuazione del Piano Nazionale delle Cronicità diventi un Livello Essenziale di Assistenza del servizio sanitario nazionale;
  • valorizzare la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità;
  • utilizzare personale formato e qualificato;
  • garantire una maggiore integrazione tra sanità e sociale;
  • fissare un adeguato finanziamento per le cronicità.

Crediamo, inoltre, che vada rafforzato il ruolo del Ministero della Salute di coordinamento, indirizzo, verifica dei LEA. Riteniamo peraltro necessario avviare percorsi di integrazione e l’armonizzazione degli interventi tra i Ministeri della Salute e delle Politiche sociali.

Altro tema riguarda la prevenzione poiché gran parte dei problemi causati dalle malattie croniche sono prevenibili con la promozione della salute agendo su fattori di rischio comuni, come tabacco, alcol, alimentazione e attività fisica.

In questa ottica diventa quindi fondamentale il valore della prevenzione, avere cura di sé stessi, dei propri cari e dell’ambiente in cui si vive.

Le regole per una buona prevenzione sono poche e chiare e le possiamo riassumere nella frase: mantenere uno stile di vita sano, fare attività fisica.

Sani stili di vita e buona consapevolezza sull’importanza del mantenimento dello stato di salute sono alla base dell’invecchiamento attivo ed in buona salute.

Una prevenzione intelligente nel settore della sanità e dell’assistenza, la promozione di uno stile di vita salutare, azioni di sensibilizzazione e campagne di informazione mirate, consentono di raggiungere tutte le persone e di aiutarle a mantenere e ad allungare l’aspettativa di vita in buona salute.

A tal fine riteniamo importante finanziare adeguatamente il “Piano Nazionale per le Prevenzione 2020-2025” approvato lo scorso autunno dalla Conferenza Stato-Regioni, in quanto i 200 milioni di euro annui previsti sono insufficienti per raggiungere gli obiettivi fissati, e attuare concretamente nel territorio gli interventi e le azioni previste dal piano stesso. È utile ricordare, a tale proposito, che siamo l’unico Paese a non avere ancora una Legge nazionale sull’invecchiamento attivo.

Crediamo, infine, che occorra promuovere la riorganizzazione dei processi di gestione della cronicità anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali, basata sulla presa in carico globale del paziente e dell’intero percorso di diagnosi e cura, in una logica di maggiore efficacia ed efficienza degli investimenti.

Per questo riteniamo importante aver finanziato un progetto con le risorse comunitarie all’interno del Programma Operativo Nazionale “Governance” che finanzia azioni per sostenere la “sfida alla cronicità” con il supporto dell’innovazione tecnologica.

Ma il Piano nazionale cronicità rappresenta anche la “cassetta degli attrezzi” per l’assistenza di lungo periodo.

Dobbiamo ribadire che alla base vi deve essere una sanità ad accesso universale, dal funzionamento efficiente ed efficace al passo con i tempi, che eviti gli sprechi.

Vanno rafforzati i servizi territoriali per far sì che si riducano le degenze ospedaliere non necessarie.

E ribadiamo come non sia più rinviabile una Legge Nazionale per la non autosufficienza che unitariamente UILP, SPI e FNP chiediamo da anni.

Una Legge che aumenti in modo significativo le risorse e assicuri in ogni parte del Paese prestazioni, sostegni e servizi adeguati e uniformi, riducendo le attuali disuguaglianze tra Regioni e anche all’interno delle stesse Regioni.

Contemporaneamente, va potenziata l’assistenza sociosanitaria territoriale e va profondamente innovato il modello delle strutture residenziali socio sanitarie con la sperimentazione di residenzialità alternativa.

In tal senso, e concludo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’occasione storica che non dobbiamo sprecare per la costruzione del sistema dell’assistenza socio-sanitaria territoriale al passo con i tempi ed in grado di dare risposte rapide e concrete ai bisogni di salute e assistenza.