Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Si tratta di un appuntamento importante per tutti e anche per la Uilp.
La violenza sulle donne, infatti, riguarda tutta la società e si potrà contrastarla solo se l’intera comunità la assumerà come tema prioritario, da affrontare con una serie di interventi a tutto campo.
Bisogna anche evidenziare che quando parliamo di violenza sulle donne, parliamo di violenza maschile sulle donne, perché questa è la realtà dei fatti e solo guardandola in faccia si potranno fare passi avanti.
I dati relativi alle violenze che vengono commesse in Italia nei confronti delle donne di tutte le età sono allarmanti. L’ultima indagine Istat che cerca di analizzare il fenomeno risale al 2007 (dati 2006) ed evidenzia che il 31,9% di donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni (sono quasi 7 milioni) è stata vittima di violenza fisiche o sessuali nel corso della vita. La violenza domestica è la forma di violenza più diffusa e rimane ancora oggi in gran parte invisibile e non denunciata.
Il numero di omicidi di uomini commessi da uomini nel nostro Paese negli ultimi decenni è diminuito, ma sono aumentati gli omicidi di donne commessi da uomini. Fino ad oggi, nel corso del 2012 ci sono state oltre cento vittime di femminicidio in Italia. Un termine, questo, oggi entrato nel nostro lessico e in quello di altre nazioni europee per indicare gli omicidi basati sul ‘genere’ (che sono peraltro la maggioranza degli omicidi di donne): omicidi commessi da partner o ex partner, da padri che non accettano le scelte delle figlie…Tutte donne uccise in quanto donne, la cui colpa è stata quella di aver trasgredito al ruolo che uomini volevano loro imporre. Condannate a morte per aver deciso in modo autonomo cosa fare delle proprie vite.
Il Rapporto Onu sulla violenza contro le donne realizzato da Rashida Manjoo dopo la sua visita in Italia nel gennaio scorso e presentato in giugno al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite offre un quadro di insieme certo non incoraggiante per il nostro Paese, in cui sono tra l’altro evidenziati gli intrecci con tanti nodi critici della nostra società: dalla situazione della giustizia, alla lentezza dei processi, alla condizione delle carceri, al ruolo dei media, alla carenza di servizi.
Per contrastare la violenza sulle donne, servono interventi strutturali in tantissimi settori: educazione delle giovani generazioni e contrasto agli stereotipi di genere; rappresentazione non sessista delle donne nei media e nella pubblicità; adeguata rappresentanza femminile in tutti i settori della società (istituzioni, politica, mondo del lavoro…); miglioramento del funzionamento della giustizia; sensibilizzazione e adeguata preparazione delle forze dell’ordine; sensibilizzazione e preparazione del personale medico, infermieristico e socio sanitario; potenziamento e monitoraggio
dei consultori; sviluppo e potenziamento della rete nazionale antiviolenza e dei servizi a sostegno delle vittime; aumento e adeguato finanziamento dei centri antiviolenza; rilevazione sistematica ed integrata del fenomeno; collegamento tra le diverse banche dati e tra i diversi servizi…
I campi di azione sono molti e in diversi settori anche la Uil Pensionati può dare un suo contributo, in particolare nell’attività vertenziale territoriale, ad esempio per quanto riguarda i consultori, i centri antiviolenza, l’adozione di ‘bollini rosa’ ai pronto soccorso (si tratta di iniziative sperimentali che si stanno attuando ad esempio nelle Asl della Toscana, che prevedono un percorso riservato nei pronto soccorso alle vittime di violenza – soprattutto donne, ma non solo – in cui vengono prestate cure mediche e psicologiche, assistenza sociale e legale e contemporaneamente si avviano le indagini delle forze dell’ordine), ma anche la sicurezza delle nostre città (illuminazione, trasporti, installazione di sos con allerta delle forze dell’ordine…), o iniziative di sensibilizzazione nelle scuole.
I pensionati possono svolgere un ruolo anche come singoli cittadini: guardare, ascoltare, parlarne, perché le donne hanno difficoltà a denunciare la violenza di cui sono vittime, hanno paura, sono spesso isolate. E la comunità troppo spesso fa ancora finta di non vedere, come se si trattasse di un fatto privato.
Ugualmente, i pensionati possono svolgere un ruolo educativo come nonne e nonni, parlando con le giovani generazioni, educandole al rispetto reciproco e al rifiuto di stereotipi di genere.
Le donne anziane sono, poi, doppiamente a rischio di violenza, come donne e come persone anziane. Lo scorso anno l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l’allarme sugli abusi ai danni delle persone anziane, denunciando che in Europa 37 milioni di cittadini anziani, in maggioranza donne molto anziane, erano vittime di maltrattamenti fisici e psicologici, di abusi finanziari, di violenze sessuali.
In Italia, il problema non è tanto l’assenza di leggi, abbiamo un discreto impianto legislativo. Negli anni più recenti, sono stati approvati la legge contro lo stalking e il Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking. Il 27 ottobre scorso il ministro Elsa Fornero ha firmato la Convenzione di Istambul, Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che rappresenta un ulteriore importante tassello legislativo e che dovrebbe essere a breve ratificata dal Parlamento. Quello che è carente, anche in questo settore come in tanti altri, è l’attuazione di queste leggi e la rete di servizi per renderle operative.
È anche compito del sindacato dare il proprio contributo perché le cose cambino.