In vista dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, noi, il Comitato donne Ferpa, intendiamo denunciare la difficile e complicata situazione riscontrabile tra le donne anziane e, affinché sia possibile cambiare tale situazione, avanziamo le seguenti considerazioni e proposte.

La retribuzione media annuale delle donne deve essere aumentata del 32% per essere equiparata a quella degli uomini. In pratica, è come dire che, nell’anno, una donna dovrebbe lavorare 117 giorni in più per avere una retribuzione identica a quella percepita da un uomo. Secondo la Commissione europea, ci vorranno ancora più di 70 anni per colmare la lacuna salariale in tutta Europa. Mediamente, nel 2014, le donne sono state pagate il 16% in meno, all’ora, rispetto agli uomini.

Questa differenza salariale è il risultato di un peggiore inserimento della donna nel mercato del lavoro, vale a dire che la disuguaglianza sul lavoro si traduce in disuguaglianza salariale e questo, a sua volta, fa sì che le donne ricevano pensioni di importi inferiori. In termini generali, il reddito pensionistico delle donne equivale in media al 61% di quanto percepiscono gli uomini, e per tale motivo le donne pensionate sono mediamente più povere degli uomini pensionati.

Questa situazione evidenzia la necessità di un sistema pensionistico pubblico maggiormente paritario; tuttavia, le politiche socioeconomiche in questi ultimi anni di crisi sono andate in direzione opposta.

La discriminazione, inoltre, cresce quando si sommano condizioni diverse, come la disabilità o la non autosufficienza, l’origine etnica, l’orientamento sessuale, la religione, le opinioni politiche, l’ambiente socioeconomico, ecc. Si tratta di fattori determinanti per l’elaborazione di qualsiasi analisi e politica.

La situazione delle donne anziane non ha una visibilità adeguata. Occorre compiere uno sforzo per conoscere meglio le donne anziane all’interno della ‘categoria’ delle persone anziane e per promuovere il loro accesso a maggiori opportunità di uguaglianza.

Le donne anziane costituiscono il gruppo che ha vissuto i maggiori livelli di disuguaglianza nei decenni passati. Per molti anni sono state la fascia di popolazione con i redditi più bassi e ancora oggi presentano una particolare vulnerabilità alla povertà, anche perché, in caso di bisogno, possono fare affidamento su minori risorse e aiuti.

La donna ha condizioni di salute peggiori e ha una peggiore percezione del proprio stato di salute, con dolori specifici o più frequenti e correlati allo svolgimento della vita quotidiana Una realtà che trova riscontro nella riduzione della qualità del sistema sanitario pubblico e della garanzia del diritto dei cittadini alla salute, fatto che ha un impatto particolarmente negativo sulle donne anziane.

Non possiamo accogliere come buona la notizia che le donne godono di una maggiore longevità, se ciò significa una vita in cattiva salute, in povertà e in solitudine.

Abbiamo bisogno di una legge sulle cure di lunga durata, che ponga fine al gravissimo problema delle molte donne anziane in condizioni di non autosufficienza, nonché dei rispettivi familiari, senza dimenticare che oggi le persone in questa situazione sono assistite in larga maggioranza da donne della stessa famiglia.

Le strutture residenziali sono principalmente di tipo privato, con costi molto alti che non possono essere sostenuti dalle persone anziane.

Per conseguire questi obiettivi, è necessario l’apporto di tutte e di tutti, ed è altresì importantissimo il lavoro di gruppo.

8 marzo 2016