Con grande commozione e profonda tristezza porgiamo a Gino Manfron il nostro riconoscente estremo saluto tributandogli tutta la gratitudine che la grande famiglia della U.I.L., la sua seconda famiglia, deve a uno dei suoi padri fondatori, a uno dei suoi piu’ prestigiosi e amati dirigenti. A Roberta, a Clarita, ad Enzo, ai suoi amati nipoti, alle sorelle, va il nostro abbraccio piu’ fraterno e la nostra sentita partecipazione al loro dolore.

Per molti noi, l’incontro con Gino – nei primissimi anni ’60 – ha rappresentato, grazie alle sue convincenti pressioni, alla sua spinta e alla sua guida illuminata, l’occasione da fare una scelta di vita, che ci ha segnato per sempre, quella dell’impegno “a pieno tempo” nel Sindacato – impegno spesso totalizzante, a volta difficile, di sacrificio ma anche gratificante sul piano umano, ideale, sociale che ci ha permesso importanti traguardi anche sul piano personale. Anche per questo diciamo “grazie Gino” per averci offerto questa opportunità.

E’ difficile condensare in poche parole la lunga e splendida vicenda umana, politica e sindacale di Gino Manfron, che si puo’ anche leggere in un bel libro di interviste curato da Beppe Pupillo pubblicato dalle tre federazioni dei pensionati, la cui lettura suggeriamo agli studenti e ai giovani d’oggi. La storia di Gino sembra un emozionante romanzo popolare. Essa si è sviluppata ed intrecciata per oltre 80 anni con le fasi e le vicende, talvolta drammatiche talvolta luminose, della vita nazionale e della storia del movimento operaio, delle sue vittorie e delle sue sconfitte. Per molti di questi anni, queste vicende storiche, politiche e sociali lo hanno visto generoso protagonista e leader sindacale apprezzato e riconosciuto per la sua saggezza, la sua calda umanità, la sua esemplare correttezza, la sua instancabile disponibilità, per il totale disinteresse verso il suo tornaconto personale e per i suoi personali destini. Doti (oggi rare da riscontrare) e valori che Egli continuamente ci trasmetteva con il suo pensiero, i suoi comportamenti ed il suo esempio quotidiano, insistendo perché li assumessimo sempre alla base del nostro impegno nella UIL e nel movimento, al quale ci aveva chiamati ed indirizzati. Sono state queste le doti che lo hanno fatto apprezzare anche dagli avversari che, per Lui, non erano tali tantomeno “nemici” ma persone – spesso “compagni di strada” – da 2 cui si divergeva ma con le quali ci si doveva confrontare e misurare sul piano delle idee e del ragionamento.

Gino Manfron non aveva mai nascosto (come ci racconta nel libro di Pupillo e come ci testimoniava spesso) le Sue umili origini, la sua sofferta infanzia, la sua faticosa giovinezza senza svaghi e di duro lavoro, tra ristrettezze economiche e gravi disagi familiari, allora molto diffusi nel poverissimo Veneto all’epoca della disgraziata dittatura fascista. Sotto l’insegnamento dei genitori sopporto’ con dignità questa difficile condizione di sacrifici e di disagio sociale. Dopo molte ore di faticoso lavoro, si sacrificava a perdere ore del breve riposo disponibile per leggere e studiare da autodidatta, al lume di candela perché mancava l’energia elettrica, per cercare di migliorare le sue prospettive e quelle della Sua famiglia.

Fu così che – giovane ragazzo – scopri’ attraverso letture clandestine (c’era infatti la dittatura) il socialismo, i suoi valori, la storia delle prime lotte operaie e bracciantili di fine ‘800, le battaglie per il riscatto del mondo del lavoro. Fu – su quelle notturne letture – che maturo’ la sua grande passione sociale e civile. E poi, la guerra, la drammatica 29 guerra mondiale, l’ultima tragedia che il Fascismo scarico’ sulle spalle delle povere genti, sul popolo italiano e Lui stesso ne patì le conseguenze. Alla caduta del Fascismo, con l’occupazione nazista dell’Italia e lo sfascio della Stato, Gino Manfron non ebbe dubbi e tentennamenti : scelse – assieme al fratello Silvio ed alcuni giovani di S.Vito di Leguzzano – la “via della montagna” e si fece partigiano.

Combattè valorosamente nell’Altopiano e nelle alture della Val Leogra con le formazioni del mitico Gruppo di Brigate “Garemi”, fu commissario politico della brigata “Barbieri” con la quale partecipo’ alla liberazione di Schio il 29 aprile del 1945. La grande significativa ed eroica esperienza della lotta di Liberazione gli radico’, nel profondo, il valore insostituibile della Libertà, che per lui non doveva mai essere disgiunta dalla giustizia sociale e dalla solidarietà e quest’ultime non potevano mai separarsi dalla prima.

Figlio di popolo, bracciante, operaio poi impiegato, Partigiano, militante e dirigente socialista, ma soprattutto sindacalista, perché Egli vedeva nel Sindacato, più che nelle altre espressioni della società, realizzarsi la valorizzazione e la concretizzazione della cultura dello “stare insieme” per “progredire tutti”, il prevalere delle “ragioni e dello spirito della Comunità” rispetto agli egoismi dei singoli. 3 Gino era uno spirito libero ma fermo nelle sue radicate convinzioni, uno spirito rigorosamente laico e perciò tollerante e rispettoso delle altrui credenze e fedi. Mai settario, aperto al dialogo ed al confronto : non è casuale che sotto la sua gestione e direzione la Camera Sindacale Prov.le UIL di Vicenza si sviluppò come una comunità molto aperta e molto “pluralista” sul piano delle culture politiche, gelosa della sua “autonomia” culturale nei confronti delle influenze politico-partitiche che premevano dall’esterno sui tre sindacati.

Non sopportava la retorica e la demagogia e, da grande educatore sindacale qual’era, Gino ci chiese sempre di non barare mai nel rapporto con i lavoratori, di dire loro sempre la verità anche quando ciò poteva sembrare scomodo od impopolare. “Diffondete speranze quando non ci sono risultati concreti da portare ai lavoratori” ci diceva spesso ma “non seminate facili illusioni” che se non garantite poi da fatti e traguardi positivi si tramuterebbero in “imperdonabili delusioni” per i lavoratori. Gino ci lascia un grande vuoto di affetti e di intelligenza politica e sindacale ma anche una grande eredità di valori, di esempi e di insegnamenti morali e sindacali. Per questo gli siamo immensamente grati, per questo – e lo diciamo alle amate figlie e ai suoi cari – Egli continuerà a vivere in mezzo a noi nella Camera Sindacale di Vicenza e nella UIL intera.

Ciao Gino.

(S.V.)