Si torna a parlare di un contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate. Lo ha fatto in una recente intervista al Corriere della Sera il ministro Giuliano Poletti, il quale, a chi gli faceva notare che i risparmi ottenuti sarebbero stati poco più che simbolici, ha risposto ‘’dipende da dove si fissa l’asticella’’. Da palazzo Chigi è arrivata la smentita; è noto, però, che sono allo studio misure rivolte, quanto meno, a consentire il pensionamento anticipato di quei lavoratori ‘’anziani’’ che, terminata la copertura degli ammortizzatori sociali, non rientreranno al lavoro, perché è presumibile che le imprese si riorganizzino, adattandosi ai nuovi livelli produttivi permanentemente più bassi. E questa operazione potrebbe essere finanziata, appunto, con il ricorso ad un contributo di solidarietà sulle pensioni vigenti. Ma quanto hanno già dato i pensionati negli ultimi anni, in conseguenza dei provvedimenti adottati dai governi che si sono succeduti ? I risparmi più importanti sono derivati dai provvedimenti adottati negli ultimi anni in materia di perequazione dei trattamenti pensionistici. Si tratta, come è noto, della rivalutazione automatica delle pensioni con riferimento al costo della vita: un istituto su cui gli ultimi governi (come del resto i precedenti, dal 1992 ad oggi) sono intervenuti, in vario modo e con obiettivi diversi, con lo scopo prevalente di ‘’fare cassa’’, trattandosi di una misura che da questo punto di vista – al di là degli aspetti di equità sociale – assicura risparmi importanti e praticamente immediati. Dal 2012 ad oggi su questo istituto si sono ripetuti dei tagli, prima di natura temporanea, poi di carattere strutturale. La riforma Fornero, per il 2012 e il 2013, aveva stabilito il seguente meccanismo: sulle pensioni di importo pari o inferiore a tre volte il trattamento minimo (1.405,05 euro mensili lordi) veniva garantita la rivalutazione nella misura del 100% dell’inflazione (2,6% nel 2012); per gli importi superiori a tale limite non operava alcuna perequazione. E’ bene ricordare che se l’importo della pensione era compreso fra tre volte il minimo e la stessa cifra incrementata dalla perequazione (1.451,58 euro mensili lordi) l’incremento della perequazione veniva corrisposto fino a tale limite maggiorato. Quali effetti si sono avuti ? Nel 2012 (tav. 1) sono stati interessati dalle nuove misure ben 5.192.338 pensioni per un totale di perequazione non erogata di circa 3,8 miliardi (la quota più consistente, per poco meno di un miliardo, è gravata sui percettori di un trattamento superiore a 3mila euro lordi mensili). Nel 2013 (tav.2) la platea è rimasta la stessa, ma il taglio è salito a 4,4 miliardi (di cui 1,1 miliardo a carico dei predetti pensionati con più di 3mila euro). In sintesi ed arrotondando gli importi: nei due anni di blocco (2012 e 2013) la perequazione persa (per sempre) è ammontata a 8,2 miliardi (sic!) che, spalmati su 5,2 milioni di trattamenti (e di soggetti) interessati, ha determinato una riduzione media procapite di 1.584 euro. Nel 2014 sarebbe dovuto tornare in vigore il sistema previgente di perequazione, ordinato come segue per fasce orizzontali di pensione: 100% per i trattamenti fino a tre volte il minimo; 90% per la quota di pensione compresa fra tre e cinque volte il minimo; 75% per la quota oltre cinque volte il minimo. La legge di stabilità (legge n.147/2013) per il triennio 2014-2016 ha previsto un nuovo sistema che passa da un regime di fasce orizzontali ad uno di fasce verticali, nel senso che le nuove aliquote si applicano su tutto l’importo della pensione e non sulle quote eccedenti i multipli del trattamento minimo. Così fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro mensili lordi) la perequazione è pari al 100% (1,2% di maggiorazione); oltre 3 volte ed entro 4 volte (oltre 1.486,29 e fino a 1.981,72 ) è in misura del 90% (1,08% di maggiorazione); da 4 volte ed entro 5 volte (oltre 1.981,72 e fino a 2.477,15) al 75% (0,90% di maggiorazione), oltre 5 volte ed entro 6 volte (oltre 2.477,15 e fino a 2.972,58) al 50% (0,60% di maggiorazione). Al di sopra dell’ultimo importo opera un complesso meccanismo di calcolo che porta in pratica ad una cifra fissa stabilita provvisoriamente dall’Inps in 17,84 euro, ma destinata ad essere ricalcolata in poco più di 14 euro. Esistono fasce di garanzia quando, calcolata la perequazione con la fascia di appartenenza, il risultato ottenuto è inferiore al limite della fascia precedente perequato. Il passaggio al sistema di perequazione per fasce verticali dovrebbe determinare, secondo le previsioni, una riduzione di spesa, nel periodo considerato, di circa 5 miliardi di euro. Secondo uno studio dell’Inas-Cisl (Tav.3) nel 2014, le classi di pensioni maggiormente penalizzate dal nuovo sistema di rivalutazione automatica non saranno quelle che dispongono di trattamenti più elevati ma quelli di importo medio-alto. Mentre le pensioni comprese tra 13 e 19 volte il minimo subiranno, rispetto al calcolo precedente per fasce orizzontali, una penalizzazione intorno allo 0,40%, quelle tra 5 e 7 volte ne avranno una pari allo 0,56%.
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