Nonostante il rush finale e le dichiarazioni del Governo, resta il rischio di disimpegni automatici delle risorse dei Fondi Strutturali Europei 2007-2013.
A Dicembre del 2015 (ma c’è tempo fino a Marzo 2017 per certificare le spese a Bruxelles) i pagamenti rendicontati ammontavano al 92% (42,8 miliardi di euro) del totale delle risorse (46,5 miliardi di euro).
Questo significa che, ad oggi, abbiamo certificato 3,7 miliardi di euro in meno di quanto avremmo dovuto, anche se c’è da considerare che gli impegni di spesa ammontano a 59,5 miliardi di euro.
E’ quanto emerge da un’elaborazione delServizio Politiche Territoriali della UIL, sul monitoraggio della spesa rendicontata dei Fondi Strutturali Europei al 31 dicembre 2015, su dati della Ragioneria Generale dello Stato.
Per quanto riguarda le macro aree – spiega Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL – nel Sud, a dicembre, le spese certificate ammontavano all’89,5% (30,7 miliardi di euro) del totale delle risorse assegnate (34,3 miliardi di euro). Nel Centro Nord la spesa certificata è stata del 99,1% (12,1 miliardi di euro) del totale delle risorse (12,2 miliardi di euro).
Sono 5 le Regioni che hanno inviato a Bruxelles più “scontrini e fatture” di quante risorse avevano a disposizione: la Val d’Aosta, la Provincia Autonoma di Trento, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Calabria.
Mentre, continua Loy, la Sicilia ha rendicontato finora il 74,1% (4,3 miliardi di euro) del totale delle risorse (5,7 miliardi di euro); la Provincia Autonoma di Bolzano l’83% (167 milioni di euro) del totale delle risorse (201 milioni di euro); l’Abruzzo l’83,7% (497 milioni di euro) del totale delle risorse (594 milioni di euro); il Molise l86% (215 milioni di euro) del totale delle risorse (250 milioni di euro); la Basilicata il 91% (978 milioni di euro) del totale delle risorse (1,1 miliardi di euro); la Campania il 92,6% (4,9 miliardi di euro ) del totale delle risorse (5,4 miliardi di euro).
L’insieme dei Programmi Operativi Nazionali, quindi di competenza del Governo, fa registrare un rendiconto di spesa pari all’89,1% (10,1 miliardi di euro) del totale delle risorse (11,3 miliardi di euro).
Nel dettaglio, per il Fondo Sociale Europeo (FSE), che finanzia azioni per l’occupazione, istruzione e formazione, su un totale di 13,8 miliardi di euro, sono stati rendicontati a Bruxelles, in totale, 13,1 miliardi di euro (il 94,5% del totale).
Mentre per il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che finanzia gli investimenti in generale (incentivi alle imprese, ricerca e innovazione, infrastrutture, agenda digitale, energia) su un totale di 32,6 miliardi di euro, la rendicontazione effettiva ammonta a 29,7 miliardi di euro (il 91%).
Questi dati – commenta Loy – indicano comunque la difficoltà del nostro Paese di utilizzare i fondi comunitari nei tempi giusti e in modo completo, razionale e virtuoso.
Infatti, seppur la percentuale di utilizzo non è più da “bocciatura” totale come qualche mese fa, resta il fatto che anche un solo euro non speso può rappresentare un’occasione perduta in termini di sviluppo e occupazione. Peraltro, la cifra complessiva a disposizione è stata già ridotta in corso d’opera perché è stato realizzato il definanziamento parziale della quota di cofinanziamento nazionale (Piano di azione e Coesione): nei fatti, dunque, la percentuale delle risorse complessive (europee e nazionali, insieme) non utilizzate è più alta di quella evidenziata.
Va certamente riconosciuto il lavoro svolto negli ultimi anni per cercare di recuperare una situazione drammatica. Ad esempio, si è fatto ricorso, anche in questo ciclo di programmazione, ai “progetti retrospettivi” (quelli che precedentemente si chiamavano progetti sponda) ovvero ad azioni finanziate con risorse nazionali, ma coerenti con la programmazione europea. Il punto, però, è proprio questo: è stata fatta una corsa disperata e a perdifiato per evitare di perdere quelle risorse, senza centrare l’obiettivo pieno prefissato e con risultati, dal punto di vista qualitativo, che rischiano di essere deludenti per lo sviluppo e il benessere delle aree più deboli del Paese. Se ci fosse stata una programmazione coordinata, lungimirante e condivisa, probabilmente, staremmo commentando un’altra storia.