Sintesi dell’intervento di Romano Bellissima, Segretario generale Uil Pensionati al convegno promosso da Ada, Anteas e Auser Invecchiamento attivo e rapporto intergenerazionale – Roma 8 novembre 2012
Innanzitutto, voglio esprimere la condivisione e il sostegno dei Sindacati dei pensionati Spi, Fnp e Uilp a questa importante iniziativa.
Il tema dell’invecchiamento attivo è per noi centrale da diversi anni. È un tema che va inquadrato nella giusta ottica, perché certamente l’invecchiamento attivo non può essere inteso come la ricerca di una qualche attività da affidare alle persone anziane. È, questa, una percezione diffusa che dobbiamo contrastare.
Credo che per affrontare correttamente questo fondamentale tema serva dunque una riflessione a monte e serva anche un cambiamento radicale nell’approccio all’invecchiamento della popolazione. L’allungamento della durata media di vita è la più grande conquista delle nostre società contemporanee. Certamente, non è un costo.
Il punto è che non si può più ragionare e governare secondo canoni del passato. Bisogna fare i conti con una società che ha visto modificare profondamente la sua struttura demografica. Si è trattato di una vera rivoluzione, che è ancora in corso. Questa rivoluzione demografica comporta la necessità di cambiamenti altrettanto radicali a tutti i livelli: sociale, culturale, economico, politico. Serve un processo di ‘reingegnerizzazione’ di tutta la società.
Costruire un nuovo modello di welfare è fondamentale, ma non è sufficiente. Serve davvero una nuova visione della società, che abbracci tutte le fasi dell’esistenza e tutti gli ambiti della vita quotidiana.
Consideriamo ad esempio le politiche per la mobilità. È pensabile che si possano progettare le politiche per la mobilità senza tenere conto che ormai ci sono milioni di cittadini anziani in Italia e decine di milioni in Europa? È pensabile continuare a progettare treni, autobus, tram, stazioni ferroviarie non a misura di persone anziane? È pensabile che per salire sulla gran parte dei treni italiani ci si debba ancora arrampicare con fatica su scalini altissimi?
È pensabile continuare a progettare città non a misura delle persone anziane? Con barriere architettoniche, con quartieri dormitorio, senza servizi, senza piazze, senza giardini. Città che, in realtà, non sono proprio a misura di essere umano, a prescindere dall’età. Qualche settimana fa c’è stata la commemorazione di un grande sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, e tra le altre cose si è parlato anche della sua idea di città. Solo contro tutti, in un’epoca in cui cominciava la grande speculazione edilizia, immaginava la creazione non di quartieri dormitorio, ma di quartieri completi, dove si potesse abitare e vivere e mentre era sindaco si è impegnato moltissimo per la ricostruzione di Firenze e ha dato inizio e portato a compimento la costruzione del grande, nuovo quartiere dell’Isolotto per dare un’abitazione bella e stabile a migliaia di cittadini.
E, ancora, pensiamo alle politiche abitative. Ogni anno ci sono in Italia milioni di incidenti domestici, di cui sono vittime moltissime persone anziane, con alti costi non solo umani, ma anche sociali. E questo accade anche perché le abitazioni non sono a misura di persona anziana.
Un ultimo esempio, ma se ne potrebbero fare tanti altri, riguarda il sistema socio sanitario, che ancora non è adeguato a una società che invecchia.
Serve, dunque, ripeto una nuova progettazione. Si deve ripensare il modello di società.
E ci riusciremo, se saremo in grado di riportare il dibattito sull’invecchiamento della popolazione sui temi veri. Oggi, invece si continuano a fare semplificazioni devastanti, come il conflitto generazionale tra anziani e giovani, che non esiste. In un Paese come l’Italia in cui 8 milioni di pensionati vivono con meno di mille euro al mese non è pensabile sostenere che tagliando ulteriormente le loro pensioni, che tagliando ulteriormente le risorse loro destinate si possa migliorare la condizione dei giovani.
Mi sembra che ci siano semplificazioni e assenza di concretezza anche nel dibattito sulla non autosufficienza. Sono anni che ne parliamo in Italia, ma si resta alle disquisizioni filosofiche, senza elaborare, e soprattutto attuare, proposte concrete. Noi, come sindacati dei pensionati le proposte concrete le abbiamo fatte: a partire dalla proposta di legge di iniziativa popolare, per la quale abbiamo raccolto centinaia di migliaia di firme e che abbiamo consegnato in Parlamento ormai diversi anni fa. Da allora sono cambiati governi, ma siamo rimasti ancora alle analisi.
Il ritardo è anche dell’Europa, perché manca un progetto europeo organico rispetto all’allungamento della durata di vita e all’invecchiamento della popolazione, fenomeni che interessano tutte le nazioni europee.
Noi, come sindacati dei pensionati, oltre a non rassegnarci, dobbiamo quindi continuare a fare una grande operazione culturale, a diffondere una nuova consapevolezza, per realizzare un nuovo modello di società. Che è quanto state facendo anche voi, come associazioni di volontariato che difendono e organizzano le persone anziane.
Per questo, questa giornata è importante. Per questo è fondamentale il ruolo dell’Ada, dell’Anteas, dell’Auser.
Dobbiamo anche provare a parlare di meno tra noi e di più alla società civile. Il sindacato deve fare un grande passo in avanti per essere sempre più presente sul territorio, sempre più vicino ai cittadini.
E speriamo in una risposta delle istituzioni, non solo per gestire l’emergenza, ma anche per realizzare quel radicale cambiamento, che, ripeto, è non solo necessario, ma indispensabile.