Spesa sociale dei Comuni: lo studio Uilp.  “I dati parlano chiaro: nel 2023 i Comuni italiani hanno destinato 10,4 miliardi di euro alla spesa sociale, pari a 178 euro pro capite. Ma dietro questa media si nascondono squilibri inaccettabili. Se al Centro si spendono 188 euro a testa, nel Nord 186, al Sud la cifra scende a 158 euro. E guardando alle Regioni, le differenze diventano ancora più evidenti: in Sardegna si investono 434 euro a persona, in Campania solo 109. In Valle d’Aosta appena 89 euro.”
Così Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil Pensionati, commenta i dati emersi da un’elaborazione della UILP sui bilanci consuntivi dei Comuni 2023 (Missione 12 – ISTAT), relativi alla spesa corrente per i servizi sociali.
Del totale della spesa sociale dei Comuni il 27,1% (2,8 miliardi di euro), viene assorbito dagli interventi per l’infanzia e i minori e per asili nido; il 16,6% (1,7 miliardi di euro) dagli interventi per soggetti a rischio di esclusione sociale; il 16,4% (1,7 miliardi di euro), dagli interventi per la programmazione e governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali; il 13,4% (1,4 miliardi di euro), dagli interventi per la disabilità; il 9,4% (983 milioni di euro), dagli interventi per gli anziani e dagli interventi per le famiglie; il 4,9% (511 milioni di euro), da altri servizi sociali; il 2,7% (285 milioni di euro), dagli interventi per il diritto alla casa.

Spesa sociale dei Comuni: il livello pro capite

A livello pro capite per gli interventi per l’infanzia e i minori e per asili nido sono stati spesi 48 euro medi; per gli interventi a favore dei soggetti a rischio di esclusione sociale e per la programmazione e il governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali 29 euro; per gli interventi per la disabilità 24 euro; per gli interventi per gli anziani e per gli interventi per le famiglie 17 euro; per gli altri servizi sociali 9 euro; per gli interventi per il diritto alla casa 5 euro “I cittadini non possono essere discriminati in base al luogo in cui vivono. Non possiamo accettare un welfare a più velocità, che crea cittadini di serie A e di serie B. Le prestazioni sociali essenziali devono essere garantite ovunque, in modo uniforme e con risorse adeguate.
“Occorre ripensare il welfare italiano, rafforzando i servizi sociosanitari di prossimità e investendo davvero nella rete pubblica. Servono stanziamenti certi, strutturali e finalizzati a colmare i divari. Purtroppo, il Governo non sembra andare in questa direzione: la Legge nazionale sulla non autosufficienza è un passo di civiltà, ma senza finanziamenti adeguati rischia di restare lettera morta. Non si fanno le nozze coi fichi secchi.
È ora di dire basta alle disuguaglianze territoriali e sociali. La sfida è politica e non può essere risolta con l’autonomia differenziata, che rischia di aumentare i divari invece di colmarli. La coesione sociale e la giustizia territoriale devono tornare al centro delle scelte del Paese.”