1)  Dotarsi più che mai di un movimento sindacale rappresentativo delle persone anziane e pensionate, forte e in mobilitazione.

L’assemblea di metà mandato coincide quest’anno con il 20° anniversario della creazione della Federazione Europea dei Pensionati e delle Persone Anziane (FERPA)

20 anni di costruzione di un sindacalismo autentico, oggi riconosciuto, che non si limita alla difesa degli interessi categoriali e che, per questo, si differenzia da molte associazioni tradizionali di pensionati(te) e si colloca nel movimento sindacale europeo. Facendosi totalmente carico della difesa degli interessi dei pensionati e delle persone anziane, la FERPA, conformemente ai suoi ideali di solidarietà interni, ma anche e soprattutto intergenerazionali, rivendica pienamente il suo spazio in seno alla Confederazione Europea dei Sindacati (CES) e intende continuare a far sentire il suo peso per la costruzione di un’Europa che sia veramente sociale e non solo economica e monetaria.

20 anni di esistenza, grazie agli sforzi congiunti e all’ostinazione dei suoi fondatori, tra i quali, in prima linea, il rimpianto Georges DEBUNNE, ma anche grazie all’intelligenza politica del Segretario Generale della CES dell’epoca, Emilio GABAGLIO che ha concepito e facilitato tale rappresentanza specifica in seno alle istanze sindacali europee.

20 anni di mobilitazione, grazie alla convinzione dei suoi 9 milioni di membri, alimentata e sostenuta dai responsabili che si sono succeduti, ai suoi Organismi di Direzione, ai suoi Presidenti e ai suoi Segretari generali. Un obiettivo: perseguire l’ancoraggio della FERPA in seno alla CES e svilupparsi nazionalmente per essere ancora più efficaci insieme e solidarmente e per contare di più a livello europeo. Per realizzare tale obiettivo l’Assemblea di metà mandato incoraggia le organizzazioni affiliate alla FERPA a sviluppare campagne di sindacalizzazione adattate e mirate alle realtà vissute e conosciute dalle persone anziane e pensionate, ma senza dimenticare la dimensione intergenerazionale.

 

2) Un contesto sociale particolarmente degradato che richiede una reazione e una mobilitazione significative. 

La crisi, all’origine di natura finanziaria, ha dato in seguito origine a una crisi economica e sociale. La produzione è crollata, la disoccupazione ha camminato ad un ritmo sostenuto. Così a febbraio 2013, 26 milioni di persone nell’Unione europea erano senza lavoro, il che rappresenta un tasso di disoccupazione del 10,9%. E tra gennaio e febbraio il numero di disoccupati(te) nell’Unione europea è aumentato di 76.000 persone. In tale contesto di crescita quasi generalizzata della disoccupazione in Europa, quella dei giovani tocca dei record nei paesi resi più fragili dalle misure di austerità attuate: più del 59% in Grecia, quasi il 56% in Spagna, ma anche il 38,4% in Italia e il 38,3% in Portogallo. Nello stesso tempo, la precarietà aumenta, toccando soprattutto i giovani e le donne. In Francia, per esempio, il 75% delle assunzioni oggi avviene con contratto a tempo determinato. Il potere d’acquisto è messo sotto pressione a causa della disoccupazione e della precarietà, del calo dei salari e delle pensioni, dalla riduzione dell’offerta di lavoro o, al contrario, dall’aumento dei tempi di lavoro, senza salario supplementare. Da qui una erosione delle entrate provenienti dai contributi pensionistici e un aumento delle domande di prestazioni di disoccupazione e di ammortizzatori sociali.

Un rischio di povertà per le persone anziane che non smette di crescere L’Europa è una delle regioni più prospere del mondo e, nello stesso tempo, la povertà non smette di guadagnare terreno, questo sotto gli effetti combinati della crisi e dei piani di 3 restrizione budgetaria mirati in particolare alle politiche salariali, ai diritti sociali e ai servizi pubblici e, quindi, in minore socialità.

I cittadini(ne) europei(e) e in particolare i(le) pensionati(e) sono le vittime di una situazione di cui essi(esse) non sono affatto responsabili. Così nel 2011, il 24% della popolazione europea, ovvero circa 120milioni di persone sono minacciati di povertà o di esclusione sociale e un bambino su cinque è toccato dalla povertà. Nel 2010, erano il 23,4% e nel 2008, il 23,5%.

Ma il rischio di povertà tocca ugualmente le persone anziane:

 

  • In 10 paesi su 27, il rischio di povertà per le persone con più di 65 anni è superiore a quello della popolazione attiva (18-64 anni).
  • In 8 dei 27 paesi, le persone anziane sono più povere rispetto a tutti i gruppi della popolazione riuniti.
  • Se le donne (17%) e soprattutto le donne sole (25%) sono generalmente più minacciate dalla povertà rispetto agli uomini (16%), tale rischio è ancora più elevato presso le donne anziane (22%) che presso gli uomini anziani (17%).
  • Il 30,9% delle donne anziane e sole devono provare a vivere con meno di 878 € al mese.

A questo si aggiungono gli aumenti dei costi degli affitti e dell’energia, il che determina che le persone anziane, le cui pensioni sono erose, se non sono proprietarie del loro alloggio, incontrano sempre maggiori difficoltà nell’avere una abitazione idonea.

Una rimessa in discussione generalizzata dello “Stato sociale” Anche se tutti riconoscono che, nei paesi in cui la protezione sociale era più sviluppata, le persone hanno sofferto “meno” degli effetti della crisi, dappertutto in Europa si riscontrano ripetuti assalti contro le misure di protezione dello “Stato sociale”. A titolo di esempio, in Francia sono coinvolte le pensioni e le prestazioni familiari.

Nel Regno Unito, il governo ha deciso di ridurre le prestazioni sociali di 19miliardi di sterline all’anno, economie legate in particolare alla riduzione del loro indice di rivalutazione annuale a partire dal 2010. Ci sono stati anche dei “tagli” nei crediti d’imposta di cui beneficiavano le famiglie con figli. E’stata anche introdotta la famosa “bedroomtax” che colpisce i beneficiari di alloggi se hanno una camera di troppo… In Spagna, dove più di un quarto della popolazione attiva è senza occupazione, gli assegni di disoccupazione sono stati ridotti dal 60 al 50% del salario, a partire dal sesto mese.

In Belgio, il sistema di indennizzazione della disoccupazione è stato ridotto e limitato nel tempo. Le 4 pensioni dei funzionari sono state ridotte, attraverso una modifica degli anni di riferimento per il calcolo del loro livello.

Anche le pensioni sono toccate. Quanto alle pensioni,nessun paese, nessun sistema di pensione è al riparo dalla crisi. Anche i regimi pubblici devono confrontarsi con le difficoltà finanziarie, nella misura in cui le entrate provenienti dalle contribuzioni sociali diminuiscono, in conseguenza dell’aumento della disoccupazione e in cui i costi di redistribuzione aumentano per compensare il calo delle pensioni. Quanto alle pensioni private, secondo diversi studi dell’OCSE, si riscontra prima di tutto che i regimi pensionistici privati hanno subito pienamente la tendenza dei mercati azionari e immobiliari.

I paesi maggiormente toccati sono quelli in cui le pensioni private giocano un ruolo importante nel sistema pensionistico, come nei Paesi Bassi, nel Regno Unito o in Irlanda, per esempio, senza parlare dei paesi dell’Europa centrale e orientale dove i governi post-1990 si sono affrettati a creare e promuovere tali regimi. Moltissime sono le persone che hanno perso una parte non trascurabile del loro risparmiopensione investito in piani pensionistici o in altre attività finanziarie. La situazione è particolarmente grave per i lavoratori più anziani. Non soltanto essi incontrano difficoltà per trovare un nuovo lavoro in caso di licenziamento, ma non hanno il tempo di ricostituire il loro risparmio prima di cominciare a pescare nei loro risparmi per finanziarsi.

I redditi da risparmio, comprese le pensioni private, rappresentano mediamente un quarto dei redditi dei pensionati nei paesi dell’OCSE. In sette paesi, raggiungono più del 40%. Le perdite subite rischiano di creare un aumento della povertà tra i(le) pensionati(e).

Riforme spesso discutibili che penalizzano particolarmente le donne. Quasi tutti i paesi europei hanno recentemente iniziato a introdurre “riforme” nel loro sistema di pensione.

La tendenza generale è verso una privatizzazione delle pensioni, favorita dalla riduzione dello “stato sociale” e a un rafforzamento del legame tra montante delle contribuzioni versate e montante della pensione. Tale rafforzamento deriva dalla riduzione dei meccanismi correttivi (come i trattamenti legati al numero dei figli a carico, le soglie minime di pensione, etc.) che avevano una funzione di redistribuzione e che attenuavano gli effetti negativi sulle pensioni delle donne di fronte al loro impegno verso la prole. Dappertutto, in effetti, esse hanno in media importi di pensione inferiori a quelli degli uomini e spesso molto bassi a seguito di carriere interrotte, di periodi a tempo parziale e di bassi salari. I meccanismi 5 correttivi, indispensabili, sono notoriamente insufficienti e le diseguaglianze medie tra uomini e donne vengono amplificate quando si passa dal salario alla pensione. Oggi la tendenza è verso la diminuzione di tali meccanismi! Penalizzazione globale delle donne: l’importo della loro pensione non potrà che diminuire, il che avrà per conseguenza di esporre ancora di più le donne alla povertà.

La Commissione europea osserva peraltro che “l’impoverimento minaccia i pensionati e che le donne anziane costituiscono uno dei gruppi più esposti al rischio di povertà”. La tendenza delle differenti riforme pensionistiche è anche verso l’allineamento dell’età di uscita delle donne su quella degli uomini, nei paesi in cui erano diverse. Questo è stato o sarà il caso del Portogallo e dell’Italia, con un passaggio da 62 a 67 anni dell’età legale per le donne, in Gran Bretagna, dove la differenza tra le donne (60 anni) e gli uomini (65 anni) sarà soppressa nel 2020, in Grecia, Lituania, Polonia, Romania, ecc. A seconda dei paesi, gli importi delle pensioni sono congelati o diminuiti, la durata obbligatoria della contribuzione si allunga, comportando difficoltà ancora più grandi per le donne, molte delle quali già oggi non riescono a mettere insieme una carriera completa. Infine, altro budget tagliato per il rigore, quello delle politiche di parità tra donne e uomini che sono state le prime a perdersi per strada in vari Stati, come ha sottolineato il Parlamento europeo.

Con le sue conseguenze in termini di potere d’acquisto, di mancanza di asili e strutture di cura, l’assenza di aiuti sociali alle famiglie e la precarietà della loro occupazione, spesso non dichiarata, la crisi economica aggrava ancor di più la situazione delle donne. Un’altra misura imposta e applicata con le politiche di rigore, riguarda l’indicizzazione e l’adeguamento delle pensioni. In molti paesi, non solo gli importi non vengono più indicizzati all’inflazione e/o alla ricchezza del paese, ma i loro importi sono perfino diminuiti. La conseguenza è che i(le) pensionati(te) non hanno più i mezzi per vivere degnamente né per fronteggiare i rischi dell’invecchiamento come il sopravvenire di un handicap o di problemi di salute. La FERPA chiede che in tutti i paesi siano ristabiliti i meccanismi di indicizzazione, al fine di garantire una progressione delle pensioni che ricostituisca la solidarietà intra e intergenerazionale.

Una mobilitazione urgente per invertire le priorità in seno all’Unione europea.

L’Unione europea si era costituita all’inizio attorno all’Unione economica e monetaria. E’ urgente dare la priorità alla costruzione dell’Europa sociale. Recentemente al Consiglio di 6 giugno, il Presidente Van ROMPUY ha avuto il mandato di sviluppare “la dimensione sociale”. È un passo necessario ma, per la FERPA, nettamente insufficiente. L’Unione e i paesi membri devono fare di più e meglio.

Questo significa invertire il corso delle politiche di austerità, che si traducono in una recessione generalizzata, attraverso l’installazione di vere politiche d’investimento sociale e durevole, fonte di sviluppo e di ricchezza da condividere. Come per il “patto di stabilità monetaria”, l’Unione europea deve dotarsi di un “patto di sviluppo sociale”, mirato in particolare alla diminuzione del tasso di disoccupazione al 4% massimo, a una riduzione collettiva del tempo di lavoro, una norma minimale e massima sulla durata del tempo di lavoro, la fissazione di un salario interprofessionale minimo europeo, una armonizzazione sociale e fiscale. Occorre ricercare nuove forme di finanziamento, non per diminuire la contribuzione degli Stati membri al bilancio dell’Unione, ma per correggere gli effetti della crisi sui cittadini e le cittadine europei(e).

L’instaurazione della “tassa sulle transazioni finanziarie” adottata recentemente dal parlamento europeo è un segnale positivo, ma che deve essere completata dall’introduzione di una politica fiscale europea che metta fine ai paradisi fiscali esistenti, alla fuga dei capitali e all’evasione fiscale, devastatrice per l’economia e i bilanci sociali. Tale mobilitazione deve essere condotta sia a livello europeo che nazionale e si deve collocare all’interno delle mobilitazioni organizzate dalla Confederazione europea dei sindacati (CES). Anche la FERPA invita fermamente i responsabili europei all’instaurazione massimale e immediata dei mezzi finanziari o di altro tipo per rilanciare l’economia europea, piuttosto che accontentarsi di perseguire soltanto l’obiettivo di una politica di austerità che non fa che condurre i paesi verso la povertà. La FERPA si impegnerà per favorire una politica di sviluppo durevole e sosterrà tutte le misure che, in questo senso, prenderanno le organizzazioni sindacali nazionali e settoriali europee e la Confederazione Europea dei sindacati (CES) in particolare;

3) Un’urgenza per la FERPA oggi: il diritto di vivere e invecchiare nella dignità.

Avere il diritto di vivere e invecchiare in dignità è un obiettivo oggi lontano dall’essere conseguito, in particolare con le misure d’austerità e/o di rigore budgetario applicate in seno all’Unione europea che rimettono in discussione il diritto al lavoro, i contratti collettivi e il dialogo sociale. 7 Tali misure continuano ad avere effetti negativi quando le persone si trovano in pensione e devono far fronte ai problemi legati all’età che si traducono in handicap e perdita di autonomia.

L’Iniziativa di Cittadinanza Europea (ICE) per un diritto alla copertura della perdita di autonomia in seno all’Unione Europea.

In conformità con le decisioni dell’Assemblea generale di Bucarest (Romania) di maggio 2010 e del Congresso di Venezia di maggio 2011, il Comitato Esecutivo della FERPA riunito a Bruxelles il 13 e 14 novembre 2012 ha deciso di lanciare una Iniziativa di Cittadinanza Europea secondo le nuove disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (il TFUE ex Trattato di Lisbona) sui diritti delle persone in perdita di autonomia e sulle cure di lunga durata in Europa. Anche se occorre raccogliere, in un anno, un milione di firme a sostegno di tale diritto per le persone interessate, non si tratta di una petizione come le altre. Si tratta di un vero «atto di cittadinanza democratica» che da il diritto alle cittadine e ai cittadini europei di intervenire nel processo legislativo europeo che, antecedentemente, era un diritto esclusivo della Commissione e/o del Parlamento. Si dice spesso che l’aumento della speranza di vita sia una realtà positiva.

La maggior parte dei nostri contemporanei – senza ignorare coloro che hanno conosciuto condizioni di lavoro usuranti – sono oggi spesso meno “vecchi” di come succedeva a parità di età, appena uno o due decenni orsono. Tuttavia, sotto l’effetto della crisi e soprattutto delle restrizioni budgetarie che ha creato e che sono imposte agli Stati membri, i bilanci sociali sono ampiamente tagliati, le pensioni – ovvero i mezzi che permettevano ai(alle) pensionati(e) di vivere degnamente – sono talvolta congelate se non semplicemente ridotte. Il rischio che si presenta e contro il quale si battono la FERPA e le sue organizzazioni nazionali, è che le condizioni e la realtà della “copertura” per le persone che necessitano di cure di lunga durata – qualunque ne sia l’età, anche se il rischio aumenta con la stessa – trovino risposta lasciata alle “mani del mercato”. Avendo, come dolorosa conseguenza, che quelle e quelli che ne avranno i mezzi, saranno protetti e gli altri abbandonati.

Se nella maggior parte dei paesi membri la copertura sanitaria è più o meno ben garantita a titolo di prestazione del Servizio Sanitario – il che non esclude un rischio di riduzione di tale 8 copertura a seguito della pressione verso il basso esercitata sui bilanci pubblici e della rimessa in discussione, in taluni paesi, del principio della universalità, di fronte ai migranti extraeuropei – le cose sono totalmente diverse per la copertura dell’accompagnamento/assistenza che richiede il loro stato, sia in un istituto che a domicilio Tali costi si dimostrano molto rilevanti e, spesso, non possono essere coperti dalle sole risorse delle persone interessate, in particolare attraverso le pensioni che ricevono, tanto più che, nel quadro delle ristrettezze di bilancio instaurato in seno all’Unione, il loro importo viene spesso ridotto o congelato. Essi devono allora fare ricorso ai parenti, quando esistono e possono – perché essi stessi sono esposti agli effetti del rigore – o, in mancanza, ai servizi di assistenza. Tali persone, in particolare le più anziane e le donne vedove devono fronteggiare anche i problemi di solitudine, oppure di abbandono, senza parlare dei maltrattamenti.

Esse si ritrovano di fatto escluse socialmente e esposte ai rischi di povertà. Quanto alle persone addette alla cura, spesso familiari, anch’esse devono fronteggiare difficoltà considerevoli, sia in termine di approccio che di sostegno. Se non vogliamo che si giunga a deplorare che non si possa invecchiare bene nell’Unione europea, soprattutto se lo stato di salute della persona anziana si degrada e ha bisogno di cure di lunga durata, la FERPA si appella decisamente agli Stati membri affinché si impegnino e forniscano i mezzi necessari per proteggere le persone. Per la FERPA questa copertura rientra nella responsabilità primaria del servizio pubblico.

Ma avere coscienza del problema non basta, bisogna agire, reagire.

Per questo la FERPA si appresta a depositare, presso i servizi della Commissione, una Iniziativa di Cittadinanza Europea, con la quale la Commissione è chiamata a “prendere tutte le misure e iniziative in suo potere affinché un diritto che tutti devono avere riconosciuto in seno all’Unione europea – qualunque sia la sua età o la sua situazione familiare, che soffra di un handicap o di una situazione bisognosa di cure di lunga durata – per beneficiare di cure di qualità e di misure di accompagnamento richieste dal suo stato. Un diritto garantito ed effettivo, in particolare istituendo uno zoccolo di base comune per ogni cittadino(na) europeo(a), secondo modalità proprie a ciascun Stato membro.

Per la FERPA, non si tratta semplicemente di un percorso “giuridico” ma piuttosto di un percorso sociale e democratico. 9 Per questo, attraverso questa ICE, la FERPA vuole agire e mobilitarsi affinché il suo slogan “un diritto a vivere e ad essere curati nella dignità” divenga una realtà. La FERPA si lancia adesso in una mobilitazione – sa di avere fin d’ora alleati tra le ONG e i parlamentari – che a partire da oggi durerà 16 mesi, di cui 4 mesi per la preparazione e per mettersi in ordine e 12 mesi per raccogliere più di un milione di firme. Tuttavia, questa ICE riuscirà soltanto se tutte le organizzazioni della FERPA si mobiliteranno da oggi e per tutto il tempo, si tratta di una vera “maratona sociale” e la strada sarà lunga e accidentata.

Non si tratta di un “lusso” ma di una “urgenza sociale”. Mettiamo dunque in campo ogni sforzo per raggiungere l’obiettivo che insieme ci siamo dati. Bisogna, da subito, comunicare e spiegare l’iniziativa attorno a noi, utilizzando in particolare azioni di contatto e di diffusione presso il nostro ambiente, ma anche presso le Confederazioni sindacali nazionali, appresso i creatori di opinione (la stampa e i media) e ancora presso le donne e gli uomini della politica, in particolare i parlamentari europei, approfittando dell’opportunità offerta dall’anno 2014, anno delle elezioni per il rinnovamento del parlamento europeo.

Donne, uomini, parenti e familiari contano su di noi: non li deludiamo, la riuscita della nostra iniziativa sarà direttamente proporzionale alla nostra mobilitazione e alla nostra determinazione.