Disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR.
Dopo la sentenza della Corte il Governo avrebbe dovuto ripristinare il diritto alla rivalutazione delle pensioni e discutere con i sindacati dei pensionati, le modalità e l’entità dei rimborsi per il passato.
La UIL ringrazia Codesta Commissione per l’invito a rappresentare le proprie osservazioni sul Decreto Legge n.65 del 2015.
Il decreto non ripristina il diritto alla perequazione delle pensioni Dopo la sentenza della Corte il Governo avrebbe dovuto fare una cosa molto semplice: ripristinare il diritto alla rivalutazione delle pensioni e discutere e definire, con i sindacati dei pensionati, le modalità e l’entità dei rimborsi per il passato. Il Governo, invece, ha scelto una strada completamente sbagliata.
Con questo D.L. si sta perdendo un’occasione per rimettere nel sistema previdenziale parte di quel denaro sottratto, oltre 80 miliardi di euro nel decennio 2012 – 2020. Il diritto alla perequazione, sul quale, ricordiamo, anche il Governo Letta è intervenuto con la Legge di Stabilità 2014 modificando in modo peggiorativo la normativa vigente prima degli interventi Fornero, sarà soggetto a riduzioni anche per il 2016 causando una ulteriore perdita del potere di acquisto per i pensionati con un conseguente calo dei consumi.
In questi giorni, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, abbiamo ripetutamente ascoltato tante menzogne e mistificazioni. Si ha il coraggio di sostenere che i provvedimenti Monti-Fornero sono a favore del futuro dei giovani. Niente di più falso: dal primo gennaio 2012 ad oggi la disoccupazione giovanile è passata dal 31,9% al 42,6%. Neanche un centesimo dei presunti 18 miliardi prelevati dalla mancata indicizzazione delle pensioni in essere sono stati destinati ai giovani né nel presente né tantomeno nel loro futuro previdenziale. Quel provvedimento ha avuto un effetto recessivo con una diminuzione dei consumi e della domanda interna contribuendo alla peggiore recessione dello stato unitario con un PIL negativo che penalizzerà proprio le giovani generazioni.
Un’analisi seria porterebbe ad evidenziare che in questi anni sono stati proprio i pensionati a sostenere i giovani esercitando un’insolita ed impropria attività di welfare familiare. Desta inoltre preoccupazione l’attacco generalizzato e attuato in modo demagogico ai diritti dei pensionati in essere e in particolare alle pensioni calcolate con il sistema retributivo. Vogliamo dire con chiarezza e con forza queste pensioni non sono frutto di una rapina ma sono frutto di anni di contributi versati, secondo le leggi vigenti. Nessun pensionato ha potuto scegliere il sistema di calcolo della propria pensione.
Il sistema di calcolo della perequazione proposto dal Governo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale per gli anni 2012 e 2013 3 (40% fino a 4 il Trattamento Minimo; 20% fino a 5 volte il Trattamento Minimo; 10% fino a 6 volte il Trattamento Minimo), è insufficiente ed inadeguato, inoltre, l’ulteriore abbattimento dell’aliquota prevista per il calcolo degli effetti che la rivalutazione avrà sugli anni 2014 e 2015 pari al 20% di quanto assegnato per il biennio precedente, e per gli effetti che avranno sul 2016 pari al 50%, rappresenta un ennesima grave perdita per i pensionati, che si ripercuoterà sugli importi delle pensioni per tutta la loro vita.
In un nostro recente studio, che alleghiamo, si evidenzia come applicando le riduzioni all’indicizzazione previste dal Governo un pensionato, con un trattamento tra 3 e 4 volte il minimo, a fronte di 3.074,88 euro lordi spettanti per la mancata indicizzazione 2012, 2013 e per gli effetti che questa ha avuto sul 2014 e 2015, avrà 726 euro lordi una tantum, il 23,61% di quanto dovuto, percentuale che scende al 4,55 % per le pensioni da 2.700 euro lorde mensili (tra le 5 e le 6 volte il trattamento minimo) che riceveranno 278 € di rimborso una tantum invece di circa 6.100 € lorde spettanti per i trattamenti arretrati. Nel 2016 è previsto per il recupero dell’indicizzazione solo un adeguamento di circa 180 € annui per i trattamenti in essere tra le 3 e le 4 volte il minimo pari ad appena il 21% della somma dovuta (848 € lordi annui). Così com’è proposta l’integrazione ai trattamenti sarà minima, inadeguata. Per la UIL e la UIL Pensionati bisogna ampliare la soglia di calcolo ripristinando un diritto vero di perequazione. Con questo Decreto si interviene, anche, in materia di capitalizzazione del montante contributivo ponendo che il tasso da applicare non possa essere inferiore all’1%, ma dispone anche che eventuali integrazioni dovranno essere recuperate sulle prestazioni future. Tale intervento non risolve assolutamente il problema ma semplicemente lo nasconde ridistribuendo l’eventuale perdita su più anni.
Vedi ALLEGATO 1: “Elaborazione UIL sulle proposte del Governo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale” 3 La UIL da tempo sostiene che debbano essere rivisti i criteri alla base di tale calcolo con la finalità di porre al sicuro il montante previdenziale dei lavoratori dalle flessioni del Pil.
L’azione del Governo è sterile ma può essere un primo segnale di presa di coscienza del problema, che deve ora trovare una soluzione definitiva. Bisogna inserire elementi correttivi sul funzionamento del sistema contributivo che evitino ripercussioni sulle pensioni, prevedendo un tasso di capitalizzazione minima contro le svalutazioni sopportate in questi anni e, soprattutto stabilendo un limite che impedisca agli accantonamenti di svalutarsi quando il PIL è negativo senza ripercussioni sulle rivalutazioni successive, per la UIL si potrebbe estendere il periodo di riferimento della media mobile da 5 anni a 10 anni, per mitigare l’effetto di eventuali flessioni del PIL.
Ricordiamo inoltre che nel tavolo di confronto Governo Sindacati istituito dal Governo Prodi si era già affrontato il problema di una possibile inadeguatezza delle pensioni interamente contributive, ragionando sull’introduzione di correttivi per far sì che le pensioni future non fossero comunque inferiori al 60% dell’ultima retribuzione. La piena applicazione della sentenza darebbe più disponibilità di reddito a milioni di pensionati e quindi un contributo importante alla ripresa dei consumi interni con il conseguente sostegno alla ripresa della crescita e delle attività produttive con beneficio per l’occupazione.
Bisogna partire da qui per avviare una vera rivalutazione delle pensioni in essere. Per la UIL e per la UIL Pensionati bisogna avviare un processo di rivalutazione delle pensioni in essere che può avvenire alternativamente o integrando tre modalità.
- Si deve recuperare pienamente il tasso di inflazione ma bisogna anche individuare un indice di riferimento nuovo diverso dal FOI (Famiglie Operai Impiegati) che tenga conto dei consumi per beni e servizi in ambito socio sanitario, consumi che, come si sa, aumentano con il crescere dell’età e possono precipitare le famiglie di anziani nella povertà.
- Uno studio OCSE sulle pensioni mostra come in Italia la tassazione media sui trattamenti previdenziali sia al 21% quasi il doppio rispetto alla media europea (12,66%) forbice che si dilata ulteriormente se si considera la media di tutti i paesi OCSE che è del 9%. Bisogna altresì ridurre la pressione fiscale sulle pensioni e uniformando la No Tax Area dei pensionati a quella dei lavoratori dipendenti. Inoltre, il Governo deve con coraggio ripercorrere la strada intrapresa quando ha introdotto il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti ed estenderlo anche ai pensionati, come più volte promesso.
- Infine crediamo che vada ripreso il percorso di rivalutazione delle pensioni in essere avviato con la Legge n. 127/2007 attraverso una valorizzazione degli anni di contribuzione effettivamente versata. Quella legge introdusse per i 4 pensionati di almeno 64 anni la cosiddetta quattordicesima per le pensioni con un reddito mensile di una volta e mezzo il trattamento minimo. Una scelta fortemente innovativa per il perseguimento della quale la UIL si batté con forza.