Uilp Calabria: ieri, 16 maggio, l’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia ha ospitato l’assemblea regionale unitaria dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil. Un luogo scelto non a caso ha dichiarato il Segretario della Uilp Calabria Francesco De Biase, ma come simbolo della sanità calabrese: sistema imploso su se stesso, sinonimo di disagi e disservizi ormai inveterati; espressione plastica di quel commissariamento che dura da quasi tre lustri e che ha finito di affossare la sanità calabra a scapito dei ceti sociali più deboli e degli anziani pensionati in particolare. L’assemblea si colloca quale ulteriore incontro preparatorio alla grande mobilitazione in programma a Napoli il 20 maggio prossimo.

Uilp Calabria: la sanità deve ritornare al centro degli interessi del Governo

Lo svuotamento della sanità territoriale e il mancato raggiungimento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) sul nostro territorio comprimono il diritto alla salute.
La sanità deve ritornare al centro degli interessi del Governo, anche per arginare questo lento e progressivo scivolamento nell’erogazione dei servizi verso le strutture
private, con il rischio sempre più concreto di alimentare ulteriori disparità e amplificare
divari e disservizi attraverso l’autonomia differenziata, contraria allo stesso spirito della Costituzione che afferma l’uguaglianza dei cittadini e dei diritti.
Assistiamo a provvedimenti spacciati come rivoluzione, ma che di rivoluzionario non hanno nulla. Ci descrivono il taglio al cuneo fiscale come un intervento epocale, molto più semplicemente si tratta di restituire nei prossimi sei mesi, meno della metà di quanto ogni lavoratore o pensionato sta già pagando da più di un anno in termini di carovita e inflazione.
La questione povertà purtroppo va assumendo sempre maggior rilievo per effetto della sua crescita che oggi incide su fasce sociali prima impensabili.
Il 25 % degli Italiani soffre la possibilità di vivere in modo dignitoso, quasi 15 milioni di cittadini hanno difficoltà ad acquistare beni e servizi, difatti le persone a rischio povertà nell’ultimo anno sono aumentate del 20 %.
La migliore risposta per contrastare la povertà non può tradursi nella definitiva sostituzione del reddito di cittadinanza con altri tipi di sostegni all’ inclusioni e incentivi alla formazione, che dubitiamo possano garantire quella grande platea dei soggetti indigenti.
Non è cambiando acronimo o per decreto, che si risolve il problema della mancanza di lavoro. I dati sull’occupazione nella nostra terra sono tragici, molto meno della metà dei calabresi il 43.5 % risulta occupata, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 15.6% quasi il doppio della media nazionale.
Chiediamo politiche per il lavoro stabile, riforme strutturale efficaci ad ampliare la platea degli occupati, a garantire qualità, sicurezza e dignità al lavoro.
Le politiche fiscali sono uno strumento fondamentale per contrastare le disuguaglianze e realizzare la vera redistribuzione delle risorse, chi paga le tasse in questo paese noi lo sappiamo e sono i lavoratori e i pensionati che contribuiscono a versare il 94% del gettito IRPEF, ma qualcuno continua a trattarli solo da salvadanaio.
I diritti centrali vanno garantiti ad ogni latitudine, la spesa pubblica deve colmare le disuguaglianze, gli investimenti devono servire a riequilibrare il paese in termini di progresso e sviluppo.

Una nuova stagione dei diritti

Noi non vogliamo scadere nella contrapposizione territoriale ideologica, ma non resteremo certamente inermi, quando si è scelto di congelare i diritti di cittadinanza nella loro attuale disparità.
Vogliamo promuovere una nuova stagione dei diritti, per questo occorre finanziare concretamente la legge sulla non-autosufficienza per dare risposte concrete e dignità a 3 milioni di persone i cui bisogni restano esclusivamente a carico delle famiglie d’appartenenza.
Occorre cambiare le politiche economiche e sociali in questo Paese prima che la crisi occupazionale rischi di rendere insostenibile anche il sistema previdenziale ed il welfare. Il nostro è un percorso di mobilitazione che parte da lontano e che ancora non riteniamo concluso finché i bisogni essenziali dei cittadini non trovino risposta.